Siria, la grande fuga Allarme dell'Onu: repressione brutale

A tre mesi esatti dalle prime timide manifestazioni popolari in Siria, inscenate nel nome di «riforme politiche» ma trasformatesi, dopo le prime stragi di dimostranti, in cortei per «la caduta del regime», la repressione militare di Damasco continua a concentrarsi nel nord-ovest al confine con la Turchia, proprio quando il presidente siriano Bashar al Assad ha inviato ieri ad Ankara due suoi alti emissari. La cittadina di Jisr al Shughur, a pochi km dalla frontiera turca, è tornata secondo i media governativi «alla vita normale».
Attivisti e testimoni riferiscono che i carri armati, i mezzi blindati e gli elicotteri da combattimento sono stati dispiegati da martedì a Marrat an Numan, poche decine di km a nord-est di Jisr al Shughur. E in fuga sarebbero migliaia di abitanti della stessa Maarrat an Numan.
Almeno altri venti carri armati sono schierati da oltre due giorni dall'altra parte della Siria. I media governativi giustificano l'uso dell'esercito per sconfiggere «organizzazioni terroristiche». Intanto da Damasco l'ex ministro della Difesa, il generale Hasan Turkmani, e il ministro degli Esteri Walid Muallim, entrambi sunniti, sono stati inviati ad Ankara per cercare di placare l'ira del premier Tayyip Erdogan, amico e partner politico di Assad che nei giorni scorsi era tornato a stigmatizzare la repressione. Un rapporto dell'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Navi Pillay, giudica la situazione dei diritti umani in Siria «orrenda» e definisce «brutale» l'intervento dell'esercito sui manifestanti: secondo il rapporto, sono 1.100 finora i civili uccisi, diecimila gli arrestati. L'attrice hollywoodiana Angelina Jolie visiterà domani i rifugiati siriani che sono fuggiti in Turchia.
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