Siria, al G20 tentativi di pace. E Putin apre a un accordo

Dalla Rassegna stampa

Un tentativo verrà fatto, non si sa con quanta convinzione e volontà. Al summit del G20, in programma oggi e domani in Russia, a San Pietroburgo, ci saranno i leader occidentali che tutti i giorni fanno dichiarazioni sulle armi chimiche di Damasco, e che ora potranno tentare un accordo. Un accordo per evitare l’attacco punitivo contro Bashar al Assad a prescindere dal voto del Congresso statunitense. L’Italia una sua idea ce l’ha, anche se il suo ministro degli Esteri Emma Bonino, con umiltà, dice «di non avere una soluzione in tasca» perché a San Pietroburgo bisognerà parlare, e confrontarsi, e sarà questo a produrre qualcosa. L’idea è quella di chiedere ad Assad - offrendo la "grazia" sull’attacco - di firmare la Convenzione che proibisce l’uso delle armi chimiche. Il presidente-dittatore siriano ha sempre negato di aver fatto uso dei gas proibiti, ma non ha mai negato che queste armi il suo regime le possiede e le produce. In altri momenti, Assad non avrebbe mai accettato: un sufficiente mistero sul suo arsenale gli serve a scopo intimidatorio verso Israele. Ma forse, ora, se a consigliarli buon viso a cattivo gioco fosse il suo amico più potente, la Russia, la strada per una soluzione fantasiosa e meno cruenta delle bombe c’è ancora.

LO SPIRAGLIO

Ed è proprio la Russia - almeno in apparenza - ad aprire con il suo presidente Vladimir Putin uno spiraglio per una soluzione condivisa. Al di là delle parole dure che ha rivolto ancora una volta agli Stati Uniti (la cui sintesi è: «bugiardi»), il presidente russo ora arriva anche a dire che potrebbe appoggiare un attacco alla Siria, ma a due condizioni. L’approvazione dell’Onu, e prove certe che il regime abbia usato armi chimiche. Proprio ieri il governo russo ha chiesto all’Agenzia nucleare dell’Onu di appurare i rischi di una catastrofe atomica, qualora un missile colpisse un reattore in Siria.

L’INTELLIGENCE TEDESCA

Interventista, senza dubbi è la Turchia, e il suo presidente Recep Tayyip Erdogan ha detto di essere pronto a entrare in una coalizione se si deciderà di attaccare. Dalla Siria, la reazione è nelle parole - che suggeriscono rassegnazione più che minaccia - di Faysal Moqdad viceministro agli Esteri: «Non cambieremo posizione neanche se ci fosse la terza guerra mondiale». Ancora una volta, c’è stato rumore e fumo sulle prove dell’uso di armi chimiche. Mosca sostiene di poter dimostrare che un gruppo ribelle ha prodotto un gas simile a quello usato nell’attacco a Ghouta, sobborgo di Damasco, la strage che ha scatenato la reazione internazionale. Informazioni di intelligence tedesca, riportate da Der Spiegel, offrono un altro scenario, inedito, che ipotizza un errore. A parlarne è Gerhard Schindler, uno dei capi degli 007: gli attacchi con armi chimiche prima di quello di Ghouta avevano provocato meno vittime perché il gas era stato diluito. A Ghouta sono stati mescolati male i gas e l’esito è stato molto più potente. Ma l’intelligence tedesca parla di indizi contro il regime, e non di prove.

 

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