La sinistra evita l'incidente Cosentino e aiuta il Governo

Dalla Rassegna stampa

Il Pd rischia di spaccarsi un’altra volta sul caso Cosentino. Già accadde nel gennaio scorso, quando la mozione per chiedere le dimissioni del sottosegretario all’Economia, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, non passò per via di venti assenti del Pd. Questa volta, a dividere, è la richiesta di arresto arrivata alla Giunta per le autorizzazioni che proprio ieri ha ascoltato Cosentino. Molto probabilmente la linea del partito sarà di votare a favore della richiesta dei pm di Napoli. Anche se nelle fila democratiche i dubbi sono tanti. Già potrebbero emergere nel voto della Giunta. Ma di sicuro si vedranno quandoil provvedimento arriverà in Aula, dove è previsto il voto segreto. «Il quadro che esce dall’audizione di Cosentino è complesso e gravoso», diceva Donatella Ferranti, Pd, al termine della seduta della Giunta. E parlava di indizi tali da «giustificare l’immediata presentazione delle dimissioni dagli incarichi di governo». Dimissioni, appunto. Quelle che il Pd chiederà in una mozione che presenterà tra oggi e domani a Montecitorio. E che si affiancherà a quella dell’Idv (per marcare la differenza, anche se la richiesta è la stessa). Ma per l’arresto, la faccenda è più complicata. Pierluigi Castagnetti, presidente della Giunta, cita l’articolo 275 del codice di procedura penale: «Per legge è obbligatorio l’arresto quando, in presenza di gravi indizi di colpevolezza, si configura il reato di concorso in associazione mafioso». E qui, lascia intendere, i «gravi indizi» ci sono.

 

Ma non tutti la pensano così. «L’arresto è una misura che riguarda la coscienza di ciascuno. Non ci può essere una linea di partito», mette in chiaro un deputato del Pd. Tra l’altro sarebbe un inedito. Il Parlamento ha accolto questa richiesta in rarissimi casi. L’altra perplessità riguarda i tempi. L’arresto è stato chiesto molto tempo dopo l’inizio delle indagini (1994). Tra i parlamentaricampani, poi, i dubbi crescono ancora di più. Uno dei motivi lo spiega il radicale Maurizio Turco, che fa parte della delegazione Pd in Giunta e che ha già detto voterà contro l’arresto. «Nel fascicolo dei pm», dice a Libero, «emerge un sistema partitocratico che si spartisce nomine e appalti. Ma se questo basta per disporre un arresto, il grosso dei politici meridionali sarebbe ricattabile dai pentiti». Per Turco, «non c’è alcuna ragione per arrestare Cosentino. Non c’è alcun riscontro alle parole dei pentiti».
Ieri, intanto, il sottosegretario si è difeso davanti alla Giunta. Ha ripetuto che contro di lui «c’è un fumone di persecuzione». E si detto certo che il provvedimento cautelare chiesto dai magistrati «sarà cassato». Lui, comunque, non ha intenzione di lasciare il suo posto al governo. E sulla candidatura alle Regionali, deciderà Silvio Berlusconi insieme «ai parlamentari della Campania». Il premier, sul primo punto, sembra aver deciso. «Su questo non voglio intervenire», ha risposto ieri alla Camera a chi gli chiedeva delle dimissioni. Un no comment che in molti leggono come un via libera: fino a quando non c’è una sentenza, resta dov’è. E cosìla pensa Umberto Bossi: «Chi chiede adesso le dimissioni di Cosentino non si è dimesso quando era indagato lui...», ha detto, ieri. Dove il riferimento, dicono, era a Italo Bocchino.

Anche per quanto riguarda la candidatura alle Regionali, per Cosentino non è ancora detta l’ultima parola. Ignazio La Russa si è augurato che il 26, all’ufficio di presidenza del Pdl, ci sia su questo una «risposta». Ma i berluscones negano: per ora non è previsto che se ne parli.

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