A sinistra è caccia al Porcellum

Dalla Rassegna stampa



Gli appelli al cambiamento della legge elettorale, moltiplicatosi dopo le dichiarazioni "mirabellanti" del pentito Fini, sono politicamente grotteschi. Non tanto perché rivelano che ai proponenti importa solo liquidare per sempre la leadership di Berlusconi e l'esperienza del centrodestra, e neppure perché ciascuno degli appellanti propone un modello elettorale diverso, in una babele di linguaggi che rende ancora più evidente la strumentalità delle proposizioni. No, il vero motivo che rende grottesco tutto questo è la panoplia di argomenti portati a favore del cambiamento della legge elettorale. Tutti falsificati, e da tempo, dalla verità ormai storica di quasi vent'anni di riforme elettorali, visto che il referendum che decretò la fine della legge proporzionale purissima è del 1993.

Il primo appello in ordine cronologico è quello favorevole all'uninominale, promosso da Pannella e Bonino e che si raduna sotto il sito uninominale.it, da cui traiamo le seguenti amene considerazioni. Cambiare la legge elettorale in vigore dal 2005 secondo gli uninominalisti sarebbe necessario per: 1) "ottenere finalmente anche nel nostro Paese quella stabilità e certezza delle leggi elettorali che gli standard democratici internazionali raccomandano e in qualche misura esigono ". Oh bella, da quando in qua cambiare significa dare stabilità e certezza? Ma non sono questi signori quelli che hanno presentato una serie di referendum, per lo più andati deserti, per cambiare la legge elettorale? Stando a loro era meglio tenersi il proporzionale purissimo, visto che era rimasto in vigore dal 1946 al 1993;

2)"approdare a una riforma elettorale effettiva, durevole e orientata nel senso del collegio uninominale indicato in modo nettissimo dagli italiani a grande maggioranza nel referendum del 1993, poi in larga parte disatteso dal legislatore ". E qui gli uninominalisti dimenticano che il "Mattarellum" fu scritto - come disse l'allora capo dello Stato Oscar Luigi Scalfaro - "sotto dettatura del referendum" che non è stato affatto disatteso, visto che era proprio il referendum a prevedere l'aberrazione di un Parlamento eletto per tre quarti in un modo e per un quarto nell'altro. Peccato che gli appellanti di oggi contro quella legge abbiano proposto per due volte lo stesso referendum, nel 1999 e nel 2000. E per due volte non abbiano raggiunto il quorum;

3)"adottare finalmente anche in Italia un sistema elettorale ispirato ai modelli sperimentati ormai da secoli in regimi civili - quali quelli anglosassoni che si sono rivelati tra i più fecondi sul piano della democrazia, della sicurezza e del benessere dei propri cittadini ". E qui casca l'asino. Perché se è vero che i modelli anglosassoni funzionano bene, è anche vero il fatto che sono le istituzioni e funzionare bene e la legge elettorale è solo un fattore complementare. Negli Usa è il sistema presidenziale che tiene unita la Nazione e dà al governo i poteri necessari per operare. Mentre il Congresso dispone di poteri penetranti di controllo e la magistratura non ha possibilità di interferire nel gioco politico. In Gran Bretagna, invece, il sistema uninominale nasce perché i partiti nascono storicamente come aggregazioni di leadership locali e non come formazioni nazionali, come invece avviene in tutto il continente. Aver ignorato la genesi storica degli istituti ha portato all'uso aberrante dell'uninominale che si è fatto dal 1994 al 2001. Tre elezioni dove nessuno dei benefici promessi dalla rivoluzione uninominale si è manifestato. Anche in Gran Bretagna, ora che i partiti sono sempre più "mediatici" e sempre più espressioni del loro leader, il sistema uninominale non ha dato la vittoria netta a un partito, ma ha portato alla coalizione Cameron Clegg, unita in partenza solo dal comune schieramento all'opposizione. Ed è il fatto che il primo ministro possa sciogliere la Camera dei Comuni a dare stabilità al governo;

4)"Dare agli elettori la piena libertà, l'effettivo pieno potere e la piena responsabilità di scegliere il governo e gli eletti, assicurando un rapporto personale efficace dell'eletto con chi lo elegge ". Quanto alla prima parte di questa affermazione, si rimanda a quanto sostenuto a proposito di Gran Bretagna. Quanto alla seconda, questa è la barzelletta del secolo. Tutte le indagini demoscopiche, infatti, hanno dimostrato che i cittadini votano per i partiti, non per i candidati. E che un buon candidato di collegio può accrescere il risultato delle liste che lo presentano al massimo del 3%, mentre un pessimo candidato può far perdere il 2%. E che il 90% e passa degli elettori di un collegio si disinteressano di chi sia il candidato e votano in base ai leader. E siccome nei collegi uninominali può accadere che la vittoria venga aggiudicata per una manciata di voti, il sistema dei collegi in Italia affida un potere sproporzionato alle forze marginali nelle formazione della coalizione e un potere ancora più grande alle piccole camarille locali: in molti collegi basta controllare un manipolo di 200-300 consensi (su 100mila elettori) per determinare la vittoria dell'uno o dell'altro (i risultati delle elezioni del 1996 lo testimoniano). E così il candidato è in balia dei ricatti dei boss politici locali. Eccolo il rapporto personale tra elettori ed eletti...

5)'promuovere in questo modo, al tempo stesso, l'autonomia della società civile e la laicità dello Stato, intesa come metodo indispensabile di cooperazione per il bene comune tra persone di fedi o ideologie diverse ". Ma che belle parole! Così avrebbe esclamato Luciano Rispoli....

6)"ridurre il costo delle campagne elettorali e tagliare il costo - divenuto insostenibile - delle rendite che gli apparati dei partiti si assegnano quando si consente loro di assumere la funzione di tramite tra i cittadini e i parlamentari ". E questa è la migliore delle conclusioni, visto che - con l'attuale legge - i candidati danno un contributo al partito per la campagna elettorale, contributo predeterminato e non elevatissimo, intorno a 50mila euro. E lo danno quelli in predicato di elezione, che stanno nella parte alta della lista. Mentre con i collegi uninominali i candidati spendevano cifre molto più alte e lo facevano, mediamente, in nero, in modo da aggirare i limiti imposti dalla legge e i controlli puramente cartacei sulle spese elettorali. Così, se una campagna preferenziale per le Europee costa tra uno e due milioni di euro, una campagna di collegio per le politiche richiedeva l'equivalente di centomila euro, mentre una campagna per le elezioni regionali, anche esse a preferenza, costa intorno almeno al doppio.

Dunque per gli uninominalisti 100mila è una riduzione rispetto a 50mila. Potenza dell'ideologia. Più divertente l'appello di "Libertà & Giustizia", l'associazione politica presieduta dalla giornalista de "la Repubblica " e già parlamentare del Pds, Sandra Bonsanti, e nata il 18 novembre 2002 grazie un gruppo di garanti di chiara fama, anche politica: Gaia Aulenti, Giovanni Bachelet, Enzo Biagi, Umberto Eco, Alessandro Galante Garrone, Claudio Magris, Guido Rossi, Giovanni Sartori e Umberto Veronesi. Oggi “La presidenza di Libertà e Giustizia lancia un appello a tutte le forze politiche presenti in Parlamento affinché si impegnino a restituire al cittadino il potere previsto dalla Costituzione di eleggere propri rappresentanti alla Camera e al Senato. E infatti unanimemente riconosciuto che con l'attuale legge elettorale detta Porcellum questo potere è stato totalmente sottratto all'elettore e depositato nelle mani di pochi capi partito. L'attuale Parlamento è dunque composto da parlamentari 'nominati' e non eletti: è questo il più grave vulnus alla Repubblica parlamentare disegnata nella nostra Carta costituzionale. L&G chiede che se non fosse possibile trovare un accordo in tempi rapidi su una legge elettorale realmente rispettosa delle scelte del popolo, i partiti si impegnassero almeno a ripristinare la legge elettorale in vigore fino al 2005, nota come Mattarellum, basato su un sistema misto, maggioritario e proporzionale. Una democrazia non può vivere in un regime in cui deputati e senatori 'nominati' sono sostanzialmente sotto perenne 'ricatto' dei pochi capi partito cui è attribuito il potere di nomina. Il presidente onorario di L&G, Gustavo Zagrebelsky e tutto l'ufficio di presidenza dell'associazione si impegnano a promuovere al più presto una raccolta di firme per una legge di iniziativa popolare composta di soli due articoli: il primo che dichiara abrogata l'attuale legge elettorale, il secondo che stabilisce il ritorno alla legge precedentemente in vigore”.

A parte la fantasiosa tecnica legislativa che non ci si aspetterebbe da un presidente emerito della Corte costituzionale, ci vogliono spiegare questi signori perché secondo loro l'articolo 49 della Costituzione - che afferma "Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale" - sarebbe anticostituzionale, visto che, a loro avviso, non devono essere i partiti a decidere i candidati? E sanno come si formavano le liste durante la lunga era del proporzionale purissimo e come si controllano le preferenze ancora oggi, sia nelle elezioni per il Parlamento europeo che in quelle per i Consigli regionali, dove sono previste? E, considerato che alcuni di loro sono stati eletti al Parlamento con il Mattarellum che tanto rimpiangono, ricordano che, per ogni coalizione, esistevano collegi di "fascia A" (elezione sicura), di "fascia B" (elezione incerta, ma conseguibile) e di "fascia C" (mission impossible)? Oppure questi signori vogliono convincerci del fatto che Antonio Di Pietro era un ex-comunista del Mugello e non un reazionario magistrato del Molise, imposto agli elettori dalla decisione di Massimo D'Alema? Insomma, per un parterre di così alto lignaggio, un po' di pudore non guasterebbe. Più sofisticato, invece, l'appello pubblicato nei giorni scorsi da "la Repubblica" firmato da un nutrito gruppo di costituzionalisti il cui elenco è aperto dal neocandidato alle primarie della sinistra per le elezioni a sindaco di Milano, Valerio Onida. Ecco il testo, diviso da me in parti e commentato. “In Italia, come nelle altre democrazie moderne, la sovranità popolare si esprime nelle forme e nei limiti della Costituzione. Tali forme sono in Italia quelle della democrazia parlamentare: il potere di nomina del presidente del Consiglio appartiene al presidente della Repubblica, unico requisito indispensabile per la formazione di un governo è quello di ottenere la fiducia delle due Camere, lo scioglimento delle Camere è disposto dal capo dello Stato, e i membri del Parlamento esercitano le loro funzioni senza vincoli di mandato. Riteniamo inaccettabili e infondate interpretazioni che tendano ad accreditare la prevalenza sulla Costituzione vigente di una presunta 'Costituzione materiale' basata sulla elezione diretta del governo o del presidente del Consiglio”. E fin qui siamo alla lezione di ribaltonismo costituzionale che trova qualche fondamento nella Carta e molte ragioni nella politica.

“Allo stesso tempo, siamo consapevoli che la deriva plebiscitaria che attraversa il nostro discorso pubblico trae alimento dalle modalità con cui il sistema maggioritario è stato introdotto nel nostro Paese nella forma di un inedito 'bipolarismo di coalizione' sconosciuto agli altri sistemi democratici europei. In particolare, riteniamo fortemente dannoso il meccanismo del premio di maggioranza previsto dalla normativa attuale che esaspera e radicalizza il confronto politico elettorale e impernia la competizione elettorale su schieramenti precostituiti, unificati dal leader; ma spesso disomogenei, invece che, come avviene nel resto d'Europa, su liste o candidati di partiti, venendo cosi a svolgere impropriamente la funzione di surrogato di un sistema di tipo presidenziale”. E qui entriamo in valutazioni esclusivamente politiche che vengono contrabbandate per scienza costituzionale. Ma il gran finale è in arrivo.

"A prioritario dunque riformare la legge elettorale, rendendo la nostra normativa coerente con l'impianto costituzionale e con i principi che regolano la legislazione elettorale europea. Questa riforma deve seguire quattro principi: superamento dell'anomalia del premio di maggioranza (che non è presente in nessuna democrazia occidentale); ripristino di un rapporto tra eletti e territorio; equilibrio tra rappresentanza e governabilità; riduzione della frammentazione ". Sulla prima parte dell'affermazione e la sua parzialità basta leggere un ottima relazione tenuta al Convegno annuale del settembre 2009 della Società Italiana di Scienza Politica (Sisp) da Alessandro Chiaramonte e intitolata "Il premio di maggioranza: cosa è, come varia, dove è (stato) applicato" (http://www.sisp. it/files/papers/2009/alessandrochiaramonte-404.pdf). Mentre sulla seconda parte, è evidente che dei quattro principi, ben tre sono assicurati dall'attuale legge: il rapporto tra eletti e territorio è su base circoscrizionale per i deputati e regionale per i senatori (in questo caso secondo l'affermazione della Costituzione art. 57 comma 1: "Il Senato della Repubblica è eletto a base regionale, salvi i seggi assegnati alla circoscrizione Estero"); l'equilibrio tra rappresentanza e governabilità è dato dallapossibilità di partecipare o meno a coalizioni, gareggiando per la maggioranza dei seggi o, semplicemente, per la presenza in Parlamento (come è stato il caso dell'Udc); riduzione della frammentazione che in questo caso la legge ha prodotto, visto che dopo le elezioni erano presenti solo sei gruppi parlamentari; e se uno si è aggiunto è proprio grazie alla libertà di mandato che la Costituzione affida ai singoli parlamentari.

È infatti curioso che tutti questi professori, che sostengono la tesi secondo la quale i parlamentari sarebbero nominati dai capi partito, lo dicano proprio nel momento in cui ben 35 deputati e dieci senatori abbandonano il partito che li ha eletti e voltano le spalle al presidente di quel partito. Ma l'ideologia, come sempre, acceca chi non vuole guardare alla realtà. Infine ecco le proposte dei costituzionalisti-sinistri: "Tali principi possono essere tradotti in pratica sia attraverso una correzione del sistema proporzionale con l'introduzione di collegi uninominali maggioritari e di una soglia di sbarramento sul modello tedesco; sia attraverso un sistema uninominale maggioritario a doppio turno sul modello francese. Con le opportune correzioni, possono entrambi incentivare una moderna democrazia dell'alternanza di tipo europeo. In ogni caso, l'individuazione del sistema più idoneo e al tempo stesso più capace di raccogliere il necessario consenso parlamentare spetta alle forze politiche, alle quali rivolgiamo questo appello consapevoli che la riforma della legge elettorale costituisce una necessità ineludibile per la nostra democrazia ". Avete capito bene: vanno bene il sistema tedesco o quello francese o quello inglese. L'importante è trovare un sistema, qualunque sistema, per non far vincere Berlusconi. Che poi è lo scopo di tutta l'Armata Brancaleone di chi dice che la priorità delle priorità è la legge elettorale. Peccato che tutti costoro dimentichino che il Porcellum è stato confermato nei tre referendum del giugno 2009, quando andò a votare solo il 24% del corpo elettorale (poco meno di 12 milioni su 50) e si dissero favorevoli a cambiare la legge solo otto milioni di elettori, che equivale al 16%. Che 32 milioni di elettori non capiscano nulla mi pare assai improbabile.


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