Silvio non molla. Maroni: è finita

Convinto di avere la maggioranza «nonostante le defezioni» e sferrato l'anatema («Chi lascia la maggioranza ora tradisce il Paese»), Berlusconi si prepara alla settimana cruciale per il governo con un appello alle opposizioni perché votino a favore delle misure, o le agevolino senza adottare l'ostruzionismo che considera una posizione «contro l'Italia».
Una situazione difficile per la maggioranza, come evidenziano le dure prese di posizioni assunte ieri sera a «Che tempo che fa» dal ministro dell'Interno Roberto Maroni. «Questa fase non può durare molto, in ogni caso se il governo cade si va a elezioni. La Lega non è disponibile a una maggioranza diversa da quella uscita dal voto, sarebbe uno stravolgere le regole».
Maroni ha espresso i suoi duri giudizi non appena era giunta la notizia dell'ultima defezione in casa Pdl, quella di Gabriella Carlucci, passata all'Udc. «Le notizie di poco fa mi fanno pensare che la maggioranza non c'è più ed è inutile accanirsi». Al segretario del Pdl Alfano, Maroni ha detto di augurarsi «un'iniziativa per evitare di arriva- re in Parlamento e fare la fine di Prodi». Tra l'altro, rivela Maroni, «per le politiche si può votare anche in gennaio, non è come le amministrative». Gli scenari ipotizzati dal titolare del Viminale mettono fuori gioco un governo di larghe intese. «Una grande coalizione non funzionerebbe perché per esempio se decidesse di toccare le pensioni la Lega ne esce subito. E con l'Udc che ha votato contro il federalismo fiscale non ha senso stare insieme in maggioranza».
Le parole di Maroni sono arrivate al termine di una giornata in cui il premier aveva di nuovo fatto sfoggio di ottimismo. Intervenendo telefonicamente alla convention di «Azione popolare» promossa da Silvano Moffa, il Cavaliere aveva rivolto un appello alle opposizioni, con l'occhio ai transfughi dalla maggioranza che avvisa: l'alternativa è il voto perché un governo di larghe intese «messo lì a dispetto degli italiani non è possibile né indispensabile».
In queste ore Berlusconi non può che giocare su più tavoli e, considerato che la posta è alta, forse azzardare anche un bluff («Abbiamo numeri certi che abbiamo verificato in queste ore»). Si è detto convinto che le «defezioni possano rientrare», ma si rivolge alle opposizioni, che per ora non sembrano sentirlo, perché rivedano 1'«atteggiamento negativo e agevolino il varo delle misure anti crisi» chieste dall'Europa. In quell'«agevolano» c'è la richiesta di un sostegno, se non diretto, di sostanza.
Berlusconi sfodera anche il massimo del buon umore («Basta col piangerci addosso, con la stampa catastrofista») e spiega che pure nello scenario peggiore da immaginare, l'Italia sarebbe «comunque solvibile: non lo dico solo io...». E per assicurare che non siamo sotto tutela, assicura di nuovo che la richiesta di una verifica del Fmi «è venuta da noi e possiamo ritirarla quando vogliamo». Poi, il premier si gioca la carta della colpevolizzazione dell'avversario: l'Italia, assicura, deve fronteggiare sia la minaccia degli speculatori finanziari che quella degli speculatori politici che puntano sulla crisi».
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