Siamo alla vigilia del collasso del sistema carcerario

Meno 550. Pochi giorni al raggiungimento del collasso del sistema carcerario. I numeri: 206 (le carceri italiane); 43.000 (la capienza regolamentare); 68.000 (il numero di persone che possono essere stipate dell’intera struttura carceraria); 67.452 (il numero dei reclusi al 21 aprile 2010). Poco più di 400 ordini di carcerazione e il sistema penitenziario sarà saturo. Completo: il cartello che sarà esposto sui portoni d’ingresso delle galere italiane.
Giorni o al massimo mesi e non sarà più possibile arrestare. Non sarà più possibile condannare. Non sarà più possibile eseguire ordini di custodia cautelare. I delinquenti, anche qualora fossero acciuffati, andrebbero liberati e soprattutto non sarebbero reclusi nelle patrie galere.
Una prospettiva che toglie il sonno al Guardasigilli. Il piano carceri, una speculazione edilizia tanto decantata, come era facilmente prevedibile non ha evitato il collasso del sistema penitenziario. Un incubo. L’impossibilità di carcerare il criminale. Il rapinatore, il violentatore, l’omicida che non trovano posto nei 206 penitenziari del nostro paese. Liberi e impuniti. La resa dello Stato democratico. Una prospettiva inaccettabile. La soluzione un raffinato provvedimento legislativo.
Il ministro della Giustizia, si applica, e presenta alla Camera dei deputati il disegno di legge n. 3291. Questo prevede che colui il quale deve scontare una condanna ad un anno di carcere od un residuo di pena della stessa entità ha la possibilità di trasferire la sua reclusione dal carcere alla propria abitazione. I detenuti che lascerebbero il carcere molti: le stime oscillano tra i 5.000 e i 10.000. Un indulto mascherato, la critica che si leva dalle opposizioni.
Il ministro Alfano chiede la sede legislativa in commissione Giustizia. L’opposizione si oppone con l’esclusione dei Radicali e con il consenso della Lega. Si attende l’ennesimo parere del Csm. La musica non cambia. Lo scenario è lo stesso di sempre. La situazione è oggettivamente gravissima. Grave è il rischio della saturazione del sistema carcerario e l’impossibilità di punire i colpevoli di orrendi reati. Altrettanto grave è il fatto che esseri umani vengano stipati nelle strutture carcerarie. Gravità che aumenta esponenzialmente se si considera che molte delle strutture penitenziarie del nostro paese non possono essere chiamate con questo nome, essendo costituite da strutture vecchie e fatiscenti. Il numero dei suicidi lascia basiti.
Una situazione che, secondo il costume che caratterizza il nostro sistema politico, si affronta con provvedimenti emergenziali. Una situazione che, sempre per non abbandonare usi e costumi, porta ad una netta contrapposizione tra maggioranza e opposizione, a prescindere dalla bontà delle soluzioni adottate e dall’interesse generale.
Il numero delle persone detenute deve essere necessariamente ridotto. Inutile discutere sull’etichetta da appiccicare al provvedimento legislativo (indulto o detenzione domiciliare). Scarcerare, non vi è altra possibilità. Scarcerare però con razionalità (per esempio valutando concretamente la pericolosità) e soprattutto non limitarsi a fronteggiare l’emergenza, ma volare più alto facendo in modo che il problema non si ripresenti.
Giorni o al massimo mesi e non sarà più possibile arrestare. Non sarà più possibile condannare. Non sarà più possibile eseguire ordini di custodia cautelare. I delinquenti, anche qualora fossero acciuffati, andrebbero liberati e soprattutto non sarebbero reclusi nelle patrie galere.
Una prospettiva che toglie il sonno al Guardasigilli. Il piano carceri, una speculazione edilizia tanto decantata, come era facilmente prevedibile non ha evitato il collasso del sistema penitenziario. Un incubo. L’impossibilità di carcerare il criminale. Il rapinatore, il violentatore, l’omicida che non trovano posto nei 206 penitenziari del nostro paese. Liberi e impuniti. La resa dello Stato democratico. Una prospettiva inaccettabile. La soluzione un raffinato provvedimento legislativo.
Il ministro della Giustizia, si applica, e presenta alla Camera dei deputati il disegno di legge n. 3291. Questo prevede che colui il quale deve scontare una condanna ad un anno di carcere od un residuo di pena della stessa entità ha la possibilità di trasferire la sua reclusione dal carcere alla propria abitazione. I detenuti che lascerebbero il carcere molti: le stime oscillano tra i 5.000 e i 10.000. Un indulto mascherato, la critica che si leva dalle opposizioni.
Il ministro Alfano chiede la sede legislativa in commissione Giustizia. L’opposizione si oppone con l’esclusione dei Radicali e con il consenso della Lega. Si attende l’ennesimo parere del Csm. La musica non cambia. Lo scenario è lo stesso di sempre. La situazione è oggettivamente gravissima. Grave è il rischio della saturazione del sistema carcerario e l’impossibilità di punire i colpevoli di orrendi reati. Altrettanto grave è il fatto che esseri umani vengano stipati nelle strutture carcerarie. Gravità che aumenta esponenzialmente se si considera che molte delle strutture penitenziarie del nostro paese non possono essere chiamate con questo nome, essendo costituite da strutture vecchie e fatiscenti. Il numero dei suicidi lascia basiti.
Una situazione che, secondo il costume che caratterizza il nostro sistema politico, si affronta con provvedimenti emergenziali. Una situazione che, sempre per non abbandonare usi e costumi, porta ad una netta contrapposizione tra maggioranza e opposizione, a prescindere dalla bontà delle soluzioni adottate e dall’interesse generale.
Il numero delle persone detenute deve essere necessariamente ridotto. Inutile discutere sull’etichetta da appiccicare al provvedimento legislativo (indulto o detenzione domiciliare). Scarcerare, non vi è altra possibilità. Scarcerare però con razionalità (per esempio valutando concretamente la pericolosità) e soprattutto non limitarsi a fronteggiare l’emergenza, ma volare più alto facendo in modo che il problema non si ripresenti.
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