Lo sfratto dei 400 "Peones” Basta ufficio pagato a Roma

Dalla Rassegna stampa

"AAA Cercasi ufficio per deputato peones": sarebbe questo l'annuncio cui i deputati "semplici", quelli cioè senza incarichi di rilievo a Montecitorio, potrebbero ricorrere se la Camera deciderà di non continuare a garantire ancora un ufficio a ogni onorevole. Quello delle stanze dei deputati è il tema caldo emerso durante l'esame del bilancio interno di Montecitorio, i cui conti sono stati illustrati ieri in Aula alla Camera dai deputati questori e che verrà votato domani.
L'ufficio di Presidenza pensa di disdire i contratti di affitto di Palazzo Marini, l'immobile a due passi da Montecitorio dove, appunto, sono ospitati gli uffici dei deputati. Uffici solitamente per la maggior parte inutilizzati e vuoti ma che nel 2010 costeranno comunque la bellezza di 54 milioni di euro: una bella fetta del circa un miliardo di spese previste nel 2010 per il funzionamento di Montecitorio. Spese "raffreddate" dal blocco da cinque anni delle indennità parlamentari e ma anche dai tagli agli "stipendi" per deputati e dipendenti di Montecitorio varati a luglio; tagli i cui benefici, però, si avvertiranno in bilancio solo dal 2011.
La Camera è "in affitto" a Palazzo Marini dal 1997: lì ci sono gli uffici dei deputati "semplici", quelli (più o meno 400 su 630) che, non essendo membri dell'ufficio di Presidenza, presidenti di commissione o dirigenti di gruppo parlamentare non dispongono di spazi a Montecitorio. Stanze che spessissimo rimangono in buona parte deserte e chiuse per settimane, visto che non tutti i deputati che le hanno a disposizione le usano. Un esempio? Quello dei deputati ministri e sottosegretari: pare assurdo, ma anche loro hanno un ufficio a palazzo Marini che regolarmente resta chiuso e vuoto. Stanze deserte che però, secondo la radicale Rita Bernardini, costano alla Camera circa 8mila euro al mese per deputato: «Una somma enorme», ha sostenuto. Gli uffici per tutti i deputati vennero concessi nella XIII legislatura. Sull'affitto a Palazzo Marini dalla società "Milano'90" (regolato da quattro contratti stipulati tra il 1997 e il 2000) le polemiche tornano a infuriare periodicamente. «Con quello che è stato speso fino ad ora, la Camera avrebbe potuto comprare ben più di quel palazzo», tuona in Aula Bernardini.
Nel 2005 la Camera aveva chiesto all'Agenzia del demanio di trovare nelle vicinanze di Montecitorio un immobile da acquistare, ma il tentativo non andò bene, per cui si optò per il rinnovo dei contratti di affitto. Ma per ora il problema resta; così come restano i 54 milioni di euro all'anno di pigione da pagare al palazzinaro Scarpellini. Da qui, nell'ambito dell'azione di riduzione dei costi e delle spese perseguita negli ultimi anni a Montecitorio («spendiamo meno dei ministeri», tuona Erminio Quartiani del Pd), l'orientamento di rescindere i contratti.
La proposta di dire "addio" a Palazzo Marini ora dovrà essere valutata dai gruppi parlamentari; ma i Questori hanno le idee chiare, e Francesco Colucci, Antonio Mazzocchi (Pdl) e Gabriele Albonetti (Pd)sollecitano un punto sulla questione. «C'è da chiedersi se può essere ancora valido il principio secondo cui la Camera debba garantire un ufficio a ciascun deputato», sostengono. Perché, hanno spiegato i questori, raccogliendo da destra e sinistra opinioni piuttosto favorevoli, la Camera che ha deciso di tagliare gli stipendi ai deputati difficilmente sarà, anche politicamente, in grado di continuare a pagare quegli affitti.

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