La sfida di Angela a Bruxelles

Dalla Rassegna stampa

È una prova di leadership per la Germania, all’interno e verso l’esterno. Anche una prova per la cancelliera Angela Merkel che, di fronte al precipitare della crisi finanziaria dello Stato greco, deve dimostrare come la Germania sa mantenere con fermezza il suo ruolo insostituibile per la stabilità non solo monetaria in Europa. Ma senza distruttive rigidità. E sa tenere a freno i crescenti umori anti-europei, che dilagano non solo sulla stampa cosiddetta «popolare» ma dentro alla classe di governo. Non sarà facile per la Merkel, ma deve farcela.
Che cosa succederebbe infatti se la Germania negasse il suo apporto all’operazione di sostegno alla Grecia, coordinato internazionalmente, mettendo a repentaglio la solidità della moneta comune? E’ un’ipotesi semplicemente inconcepibile.
La Merkel del resto non pensa affatto a ritirare il suo contributo per la Grecia. Le sue cautele nascono dalla volontà di verificare sul serio la consistenza dei propositi greci circa le misure di risparmio e risanamento statale, che sin dall’inizio erano tra le precondizioni dell’operazione di aiuto. Deve poter mostrare che non si è trattato soltanto di una finzione; di un’altra «presa in giro da parte dei greci» come pensa la stampa tedesca ostile.
Deve poter convincere i tedeschi che la Grecia farà sul serio. Talvolta si ha l’impressione che il vero avversario della Merkel sia la campagna elettorale in pieno svolgimento per le importanti elezioni regionali del Nord Reno-Vestfalia. Che cosa succederebbe se il governo si lasciasse condizionare dal ricatto degli elettori che sono contrari ad ogni aiuto agli immeritevoli e un po’ imbroglioni greci, mentre i buoni tedeschi devono tirare la cinghia? Siamo a questo livello di comunicazione. Siamo a questo punto dopo tanta retorica europeista e tanta euforia per l’euro.
Detto questo, è fuori luogo che da noi si elevino vibrate critiche al comportamento tedesco, ricordando passate stagioni in cui sono stati gli italiani ad essere oggetto - da parte tedesca - di ingiusti sospetti di indegnità a far parte della moneta europea. Diciamo pure che quella sgradevole (e non dimenticata) stagione è stata una lezione per tutti - per gli italiani e per i tedeschi. Ma la crisi greca di oggi si pone su un altro livello.
Quando la crisi si presenta con i tratti anonimi del grande incontrollabile tracollo finanziario, con l’apparizione altrettanto inquietante della «grande speculazione internazionale», anche la politica perde l’orientamento. E’ naturale che scattino riflessi di pura e semplice autodifesa, di chiusura verso l’esterno. Di colpo l’Europa (nel caso della Grecia) ridiventa «esterno». Non serve neanche fare critica retrospettiva. E’ probabile che negli anni scorsi si sia stati troppo imprudenti nell’allargamento facile e incontrollato dell’Unione.
Quella che sembrava lungimiranza e generosità, si è rivelata faciloneria e irresponsabilità. Ma è stata anche incompetenza da parte di chi doveva controllare e prendere decisioni. E’ una dimostrazione in più che la costruzione politica dell’Europa è deficitaria. Adesso si deve intervenire con urgenza. In queste circostanze ci si trova davanti alla rilevanza di fatto della Germania. E’ inutile rimproverarle riluttanza o egoismo. Se la Germania conta, è giusto considerare le sue ragioni. Se essa deve assumersi le sue responsabilità - come qualcuno dice con una sfumatura di rimprovero - si deve accettare che ponga qualche ragionevole condizione. La si deve considerare quale è: una nazione leader in un’Europa senza leader.

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