Sesso è cultura

La settimana scorsa, dopo aver trascritto nella mia colonnina alcuni brevi testi di Gaetano Salvemini di forte stampo anticlericale, concludevo promettendo che sarei tornato sul grande storico e uomo politico per citare un suo scritto assai particolare e - come dire contromano. Eccolo, viene dal volume V delle opere: "Le autorità ecclesiastiche hanno il diritto dí “consigliare” i fedeli, e magari di condannarli al fuoco eterno, ma nell’altra vita. Se avessero la facoltà di ‘imporre’ giuridicamente a fedeli e non fedeli i loro consigli diventerebbero ‘leggi’. I peccati diventerebbero delitti. Il laicismo nega alle autorità ecclesiastiche la facoltà di trasformare i peccato in delitti (...) Anch’esso si fonda in una ideologia che i socialisti hanno ereditata dai liberali del secolo XIX, come questi la ereditarono da quegli illuministi del secolo XVIII, che oggi è di moda disprezzare, secondo l’insegnamento della filosofia idealista." Di queste righe mi avevano colpito non certo le (giuste) osservazioni sulla fondamentale differenza che corre tra "peccato" e "delitto" - il primo di pertinenza della chiesa, il secondo esclusivo dello stato e delle sue laiche leggi - ma la denuncia della "filosofia idealista", colpevole di "disprezzare" "gli illuministi del secolo XVIII". Mai avrei pensato di attribuire alla filosofia idealista una condanna dell’illuminismo, cavallo di battaglia del pensiero cattolico-postconciliare in chiave ratzingeriana. Però, ripensandoci, Salvemini è nel giusto, l’idealismo italiano (non voglio risalire all’idealismo tedesco, ma sospetto che il clima vi sia analogo) diffida e si tien lontano dall’illuminismo, pur se non quanto Ratzinger e la chiesa di oggi. Perfino con motivazioni non dissimili. Giovanni Gentile era contro Cartesio in nome di Vico, ma anche era dichiaratamente antiilluminista, perché per lui culmine e insieme fondamento della libertà era la società, anzi lo stato totalizzante e corporativo nel quale l’individuo deve immergersi e integralmente sublimarsi (aufheben). Anche Benedetto Croce era ostile alla filosofia del XVIII secolo che egli vedeva come antistoricista, astrattamente legata a un concetto di ragione troppo assoluto. Croce accoglieva nel suo pantheon ideale Diderot e Kant, ma senza affidare loro le chiavi del filosofare. Siamo comunque agli antipodi dall’esaltazione per l’individuo e il suo razionalismo, con colorazione illuminista da XVIII secolo, che piace ai nostri aggressivi laicisti. Sta a vedere che, per amore del loro pensiero dogmatico, costoro butteranno adesso alle ortiche non diciamo Gentile, caro solamente a pochi maitres-à-penser dell’estrema destra postfascista, ma anche Croce, già diffidato tra l’altro per il bellissimo - e pochissimo letto - saggio "Perché non possiamo non dirci cristiani".
La testimonial che ciuccia il gelato
Per ora, su questo tema basta. Mi preme infatti aggiungere qui una postilla tra chiarificatrice e giocosa: un gentile lettore, che ringrazio per l’attenzione prestata alle mie colonnine, mi ha criticato perché, dichiarando che la sessualità umana è "oscura e indecifrabile", avrei dimenticato la profonda, irrinunciabile differenza che c’è tra il sesso dell’uomo, arricchito e reso complesso dall’"intreccio che lo lega a tutte le altre sfere della psiche", e quello puramente animalesco, che è solo uno "stupefacente orologio riproduttivo", ecc. Le osservazioni del gentile lettore hanno un fondo di verità, lo stesso ne ho trovato prove inconfutabili, Proverò quindi a rispondergli, magari ironicamente mescolando un pizzico di sale allo zucchero, tanto per non farla troppo greve. E allora, vediamo: a differenza dell’animale, l’uomo copula-anche se non sempre - in posizione "anteriore", con i due partner faccia a faccia, in modalità diverse tra le quali è forse preponderante quella detta "del missionario" perché insegnata dai gesuiti, nelle famose poblaciones del Paraguay, agli inesperti indios. In secondo luogo, l’uomo è capace di reprimere o ritardare l’istinto sessuale, persino sublimarlo nel platonismo e nel petrarchismo, mentre il massimo di espressione culturale dell’animale è il noto e apprezzato bramito del cervo. Poi, per esempio in tv, l’uomo (o la donna) può esprimere i suoi istinti in modi nei quali l’animale mai riuscirebbe, come quando la bella testimonial ciuccia con voluttà, a occhi socchiusi, il suo gelato, un conetto di succoso ghiaccio bollente, oppure il muscoloso top model stringe in mano il suo stick di quindici centimetri, "for men". Nessun animale culturalizza in modo analogo il desiderio sessuale. E infine: non credo che tra gli animali si riscontri il fenomeno della pedofilia. Gli animali si eccitano sessualmente attraverso l’olfatto che capta (mi pare) i feromoni, assenti nel soggetto impubere, Nell’uomo, invece, vale il rapporto ambiguo che la cultura (in senso lato) ha con l’innocenza.
© 2010 Il Foglio. Tutti i diritti riservati
SU
- Login to post comments