"Serve un Pd federale". Prodi scuote i democrat

Dalla Rassegna stampa

Un partito federale, con un esecutivo formato da venti segretari regionali che scelgono il leader. Per mettere fine una volta per tutte agli estenuanti dibattiti fra correnti e dirigenti che hanno ridotto il Partito democratico a un soggetto autoreferenziale che non sa più parlare al territorio. E che perde le elezioni. La ricetta che Romano Prodi ha illustrato su il Messaggero di ieri per rilanciare il Pd riapre il dibattito sul futuro del partito e scuote i dirigenti e le anime dei democrat. Se una parte della minoranza vede nelle
parole dell’ex presidente del Consiglio un avviso di sfratto al segretario Pier Luigi Bersani, c’è invece chi le legge con soddisfazione. Su tutti, il sindaco di Torino Sergio Chiamparino, che da tempo coltiva l’idea di un soggetto realmente federale.
In ogni caso, l’intervento apre una serie di questioni che non possono lasciare indifferente il gruppo dirigente. Perché sono temi che riguardano il dna del partito e le sue prospettive future. Il Professore parte dall’analisi del risultato delle Regionali, che è stato «inferiore alle attese», e ricorda che «la comune interpretazione di questo risultato è che la struttura del partito sia diventata fortemente autoreferenziale, con rapporti troppo deboli con il territorio e con i problemi quotidiani degli italiani, messi in secondo piano dai ristretti obiettivi dei dirigenti e delle correnti». Per questo motivo, sostiene, la struttura va ricostruita "dal basso": gli iscritti di ogni regione dovrebbero scegliere il segretario regionale con le primarie e l’esecutivo nazionale dovrebbe essere composto esclusivamente da questi venti uomini che sceglieranno il leader nazionale e che indicheranno le grandi strategie politiche. Per fare tutto ciò si deve «avere il coraggio di cancellare gli organi nazionali che si sono dimostrati inefficaci», azzerando anche la presenza delle «code di benemeriti e aventi diritto, compresi gli ex segretari del partito e gli ex presidenti del Consiglio». In questo riodo, secondo Prodi, si costruisce «un luogo in cui le decisioni prese
non sarebbero più messe in discussione» e si chiuderebbero «i dibattiti senza fine nei quali si ritorna sempre al punto di partenza».
L’ex premier indica con precisione le malattie del Pd e spiega qual è la ricetta per guarire. Una ricetta che, come per tutte le malattie difficili, non può essere indolore. E tuttavia c’è chi vuole imboccare subito questa strada. L’indicazione che arriva da Chiamparino, uno dei dirigenti più apprezzati, che conosce i problemi che il Pd incontra sul territorio: «La proposta di Prodi mi convince perché c’è l’ambizione di costruire, anzi di ricostruire il partito cominciando dal basso, spezzando quella logica autoreferenziale fatta dai bilancini tra correnti e controcorrenti, tra caminetti e subcaminetti».
Secondo il sindaco, tutto ciò paralizza l’iniziativa del Pd, che fatica a mandare messaggi chiari agli elettori perché ha una linea politica non sufficientemente netta. «Prodi sostiene Chiamparino - lancia a Bersani un messaggio: taglia i ponti con questo meccanismo. Tutti devono raccogliere la sfida e il segretario non può rinunciare a questa opportunità: ricostruisca il partito, lo può fare». Più freddi, nei confronti del Professore, gli ex Popolari di Area democratica, la minoranza che fa capo all’ex segretario Dario Franceschini che preferisce non entrare nel dibattito. Perplesso l’ex ministro Beppe Fioroni: «Le formule organizzative non sono una panacea, rischiano di dimostrarsi l’ennesima scorciatoia». Velenoso l’ex Ppi Giorgio Merlo, secondo il quale Prodi mette in discussione la leadership di Bersani.
Una lettura smentita nettamente dall’entourage dell’ex premier. Rickv Levì racconta che Bersani è stata l’unica persona con la quale Prodi ha parlato prima dell’intervento su il Messaggero e aggiunge: «Serve una riforma del Pd e il primo attore non può che essere Bersani. Si tratta di una palla alzata con la speranza che il segretario la colga». Lo staff del leader sembra apprezzare la ricostruzione e Maurizio Migliavacca, coordinatore della segreteria, parla dell’intervento di Prodi come di «un contributo utile a disegnare una strada di riforma in senso federalista dello Stato e a costruire un partito più radicato».
Quello del Professore è un monito giusto anche perla vicepresidente Marina Sereni. che però aggiunge: «Al tema organizzativo va affiancato quello sui contenuti, altrimenti la proposta politica continuerà ad essere troppo sfumata», Il veltroniano Gìorgio Tonini.. pur condividendo l’analisi sull’estrema difficoltà del Pd, boccia il metodo di scelta del leader indicato da Prodi: «Non rinuncerei all’elezione diretta del segretario con le primarie. Non può essere un “primus inter pares", deve essere anche il candidato premier del centrosinistra. E dunque deve avere una legittimazione popolare molto ampia».
Insomma, il sasso lanciato dal Professore sta facendo rumore e i temi da affrontare. per Bersani, sono davvero tanti. Si comincia con l’Assemblea nazionale di sabato.

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