La Serbia scambia Mladic con l'Europa

Arrestato Ratko Mladic, dopo quindici anni di latitanza. Vale a dire da quando il Tribunale internazionale dell'Aja, nel '95, l'aveva accusato di genocidio e crimini contro l'umanità. Per via dei misfatti di cui si rese protagonista durante la terribile guerra in Bosnia, quando comandava per l'appunto l'esercito dell'autoproclamata repubblica serba di Bosnia, che intendeva opporsi alla secessione da Belgrado proclamata dal Parlamento bosniaco con il referendum del gennaio 1992. Mladic, 69 anni, si trovava a casa di un parente, un'abitazione piuttosto modesta di Lazarevo, villaggio della Vojvodina a ottanta chilometri da Belgrado, non lontano dal confine con la Romania. Per ora si trova ancora in una prigione locale: sarà trasferito all'Aja nel giro di una settimana. Dove in breve sarà allestito l'ennesimo processo: quello contro Radovan Karadzic, ai tempi presidente sempre della repubblica serba di Bosnia e anch'egli per anni ricercato, è cominciato il l° marzo del 2010.
Il boia di Srebrenica - così era soprannominato Mladic, con riferimento all'eccidio nella cittadina bosniaca a maggioranza musulmana perpetrato nel luglio 1995 dalle truppe da lui comandate, oltre 8mila le vittime accertate - Mladic, dicevamo, non ha opposto alcuna resistenza: viveva lì sotto falso nome, ma senz'alcuna precauzione particolare. L'annuncio della sua cattura è stato dato dal presidente serbo Boris Tadic: «Credo che quest'operazione renda il nostro Paese più sicuro e più credibile» s'è subito affrettato a dichiarare, poi aggiungendo che «adesso però penso che per la Serbia le porte dell'Unione Europea siano aperte». Così anche facendo comprendere, perlomeno secondo gli osservatori più maligni, i motivi per cui d'improvviso sono cadute le coperture di cui Mladic ha evidentemente goduto per anni. Le accuse, per lui, riguardano soprattutto i due episodi che hanno reso la guerra in Bosnia tragicamente famose: l'eccidio di Srebrenica e i quasi quattro anni di assedio di Sarajevo. Complessivamente circa 20 mila morti. «Fategli saltare il cervello», così ordinava ai cecchini. Senza fare alcuna differenza fra militari e civili.
Le reazioni all'arresto di Mladi sono state naturalmente di grande compiacimento: commenti di questo tenore sono stati rilasciati pressoché da tutti i capi di governo, a partire da Barack Obama «il nostro pensiero e la nostra preghiera vanno alle vittime e alle persone che soffrirono la tirannia. La giustizia perseguirà sempre chi si macchia di questo tipo di crimini contro l'umanità». Anche Napolitano e il ministro degli Esteri Frattini hanno espresso soddisfazione. Così come i parenti delle vittime di Srebrenica: per Hajra Catic, presidentessa dell'associazione donne di Srebrenica, «dopo sedici anni di attesa, per noi parenti delle vittime è un sollievo».
D'altro canto, gli ultranazionalisti del partito radicale serbo ne hanno invece condannato l'arresto, «colpo gravissimo agli interessi nazionali della Serbia», accusando il presidente Tadic di «tradimento» e definendo lo stesso Mladic «simbolo del soldato serbo, un uomo capace e coraggioso». Segno di come la sua figura, in patria, resti ancora quantomeno controversa.
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