I serbi privilegiano i partiti filo-europei E i socialisti raddoppiano

«Questa sera non si sa ancora chi è il nuovo presidente serbo, ma si sa chi è il nuovo premier». Così il socialista Ivica Dacic, ex uomo di Slobodan Milosevic, sulla scia del buon risultato ottenuto nelle urne domenica si propone per la guida del governo, in cambio del sostegno al presidente uscente Boris Tadic al secondo turno, lanciandolo verso un terzo mandato. La Serbia, al contrario della vicina Grecia, fresca di candidatura per l'ingresso nell'Unione, ha premiato le forze filo-europee e penalizzato gli euroscettici, in particolare i radicali dell'Srs, voce del nazionalismo più estremo, che questa volta non riescono neanche a oltrepassare la soglia del 5%, come anche l'estrema destra di Dveri. Tomislav Nikolic, ex radicale ora fondatore del Partito progressista serbo, non contrario all'adesione all'Ue se la vedrà al ballottaggio il 20 maggio con Tadic. In Parlamento il leader dell'opposizione Nikolic può contare su una maggioranza relativa di 78 seggi su 250 in toto Ma la formazione che fa capo a Tadic, che pure si è fermata a 68 seggi, sul piano delle alleanze resta più forte. Tadic potrà infatti contare, se rinnoverà il patto, anche sui 48 seggi del Partito socialista serbo, già partner di Tadic nella legislatura che si è appena conclusa. I socialisti sono ancor più ago della bilancia della politica di Belgrado avendo raddoppiato i consensi rispetto al 2008. Ha votato poco più della metà dell'elettorato, in ogni caso l'election-day per presidenziali, politiche e amministrative è stato regolare e tranquillo anche in Kosovo a giudizio del l'organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce). «In Serbia il popolo e l'élite politica hanno fatto progressi verso una democrazia matura», ha detto il coordinatore della missione dell'Osce Matteo Mecacci.
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