Segreti svizzeri, la spinta di Bonino

Dalla Rassegna stampa

 La buona volontà che emerge dalle dichiarazioni ufficiali contro l’immutabile dato di fatto della realtà. I ministri degli Esteri di Italia e Svizzera Emma Bonino e Didier Burkhalter si sono incontrati martedì a Berna per discutere (anche e soprattutto) dell’accordo fiscale tra i due Paesi. Al termine del faccia a faccia i rappresentanti dei due governi si sono dichiarati ottimisti sulla possibilità che Roma e Berna giungano al più presto a un accordo sull’intero «pacchetto», che non comprende solo la possibilità di tassare i conti degli italiani nella banche elvetiche. Ma era lo stesso sentimento espresso nella primavera del 2012 a Roma quando Monti incontrò la sua omologa svizzera Eveline Widmer Schlumpf e anche a dicembre dello stesso anno quando la firma in calce all’intesa pareva a un passo. Passarono pochi giorni, l’esecutivo Monti cadde e la discussione tornò alla casella di partenza. Ora il lavoro sottotraccia delle diplomazie e un recente incontro dei ministri delle finanze al G20 di San Pietroburgo hanno rimesso la trattativa sui binari. «Siamo entrambi fiduciosi che si possa arrivare a un’intesa complessiva» ha dichiarato Emma Bonino, precisando però che al momento «non esiste un’agenda precisa». «L’obiettivo è dialogare su tutto il pacchetto che comprende sia l’imposizione fiscale sia l’accesso al mercato europeo per le imprese svizzere» ha ribattuto Burkhalter all’agenzia di stampa Ats.

In effetti il dossier italo-elvetico è immutato da anni. Da un lato Roma punta a trarre il massimo vantaggio finanziario, chiedendo di alzare il più possibile l’aliquota da imporre ai depositi degli italiani Oltreconfine (depositi che secondo le stime più diffuse ammontano a 150 -200 miliardi di euro); dall’altro Berna punta a strappare condizioni non solo economiche, soprattutto che la Svizzera sia cancellata una volta per tutte dalla black list dei paradisi fiscali e di conseguenza che le imprese elvetiche possano avere un accesso più diretto al mercato italiano. Sul tavolo ci sono poi le tasse dei lavoratori italiani in Canton Ticino (Berna vuole rivedere al ribasso il gettito che semestralmente gira a Roma) e questioni legate allo «status» dell’enclave di Campione d’Italia. Su nessuno di questi punti, attualmente esiste un accordo tra i due partner al punto che l’ottimismo espresso dai ministri ha scatenato qualche ironia negli ambienti parlamentari rossocrociati. «Accordo in tempi stretti? Bè allora sarà entro mercoledì» è la battuta del parlamentare dell’Udc Pierre Rusconi, con allusione al voto sulla decadenza di Silvio Berlusconi che potrebbe scatenare l’ennesima crisi di governo. «Noi siamo pronti a discutere su tutto precisa Rusconi, componente della commissione esteri - ma in due anni il ministro nostro interlocutore è cambiato tre volte. Il vero scoglio è l’instabilità politica del Belpaese». La Svizzera e il suo segreto bancario sono ormai sotto assedio da parte della comunità internazionale e anche questo spiega l’apertura al dialogo più volte manifestata. Ad agosto la «fortezza» ha però subito un durissimo colpo in seguito all’accordo fiscale che gli Usa hanno strappato a Berna: le banche elvetiche che hanno agevolato l’esportazione di capitali a stelle e strisce dovranno pagare pesantissime sanzioni. Ieri la banca privata zurighese Rahn & Bodmer ha comunicato di essere già sotto investigazione da parte del fisco americano.

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