Il segretario a Tripoli, tra affari e diritti umani

Dalla Rassegna stampa

Non sono visite che si preparano in pochi giorni. Richiedono una paziente e lunga organizzazione. Quella di Pier Luigi Bersani, da ieri a Tripoli, era pianificata da tempo e sarebbe avvenuta in ogni caso, anche se – dopo le primarie di domenica – il segretario del Pd fosse rimasto tale e non avesse fatto il grande balzo verso lo status di presidente del consiglio in pectore di un futuro governo politico dopo la stagione dell’esecutivo tecnico di Monti. Indubbiamente, se fosse andato come “semplice” leader di partito, il viaggio non avrebbe avuto lo stesso significato che ora esso inevitabilmente assume. E che conferisce il segno distintivo a quella che potrebbe essere la politica internazionale di un prossimo, eventuale governo Bersani. Un governo che vede il Mediterraneo come suo orizzonte primario.
Spiega Bersani: «Come prima cosa con questo viaggio in Libia voglio riprendere il filo di una presenza forte nel Mediterraneo. L’Italia deve avere il suo ruolo una sua visibilità, un profilo di relazioni che in questi anni abbiamo perso e che dovremmo avere». Anche nell’ultimo duello televisivo con Renzi, il leader del Pd aveva inquadrato nella cornice del Mediterraneo le sue priorità internazionali, ricordando le sue missioni in Medio Oriente e in Nord Africa, anche per avere una lettura diretta della primavera araba e delle sue successive evoluzioni (o involuzioni).
Al tempo stesso, sia perché è la prima, sia per il peso del retaggio di una lunga opaca politica nei confronti della Libia gheddafiana, sia perfino per le più recenti (buone) notizie provenienti dal fronte libico, questa visita potrebbe assumere anche senza volerlo il tono di un “viaggio d’affari”, come molti che l’hanno preceduto in passato da parte di altri ministri e leader italiani.
Infatti proprio in coincidenza con il suo arrivo a Tripoli si apprende che l’Eni ha ripreso l’attività esplorativa onshore dell’Eni in Libia nel bacino di Sirte, a circa trecento chilometri a sud di Bengasi. Si tratta, spiega l’azienda, del primo di una serie di pozzi previsti nell’ambito del programma di perforazione che continuerà nel 2013 e che segna un altro passo importante per la ripresa delle attività di esplorazione e di produzione di Eni nel paese nordafricano.
La seconda notizia, dei giorni scorsi, ha a che fare con il tema delicato dei crediti maturati dalle aziende italiane per lavori ultimati sotto il regime di Gheddafi e che l’attuale governo libico ha fatto sapere di voler pagare. «I lavori completati saranno pagati al cinquanta per cento subito e per la residua tranche a breve termine», ha assicurato il vice ministro libico della pianificazione Ali Ahmed Elsaleh.
Il problema vero è che queste notizie potrebbero dare l’impressione che la Libia stia raggiungendo una certa stabilità e che si possa tornare a fare affari con tranquillità, ma purtroppo non è così. Nel migliore dei casi è un paese in bilico tra una ritrovata normalità sul fronte energetico, che resta la fonte principale della sua economia e del suo futuro benessere (è tornata a produrre 1,6 milioni di barili di petrolio, come nell’era di Gheddafi) e tra un’assenza di controllo del territorio che consente ad al Qaeda di consolidare la sua base nell’area di Bengasi e di unirsi alle bande, a cui starebbe insegnando tecniche di guerriglia, addestrando i loro membri, e in cambio avrebbe accesso all’enorme arsenale di armi a disposizione di Ansar al Sharia, innanzitutto, rubate dai depositi dell’ex raìs Muammar Gheddafi. In Libia ci sarebbero attualmente circa 1.700 gruppi armati irregolari, la maggior parte dei quali integralisti islamici. Le autorità libiche hanno tentato di scioglierle o di farle confluire nell’esercito, con scarso successo.
Bersani dovrà cercare di capire cosa succede davvero in quel paese, se non vuole che la sua visita sia vista come tante che l’hanno preceduta, andando fino in fondo anche sul fronte dei diritti umani e delle regole democratiche, un tema che in Italia, anche dopo la caduta di Gheddafi, sembra stare a cuore solo ai radicali.

 

© 2012 Europa. Tutti i diritti riservati

SEGUICI
SU
FACEBOOK

Ti potrebbe interessare anche:

Dichiarazione di Riccardo Magi, segretario di Radicali Italiani: Quello che ora più conta è la vita dei cubani. Costretti da decenni di dittatura dentro un recinto che impediva al progresso di entrare e loro di uscire, evitando tutti i rischi e le opportunità. In questa transizione difficilissima...
Dichiarazione di Valerio Federico, Tesoriere di Radicali Italiani: "Gli stati nazione hanno fallito nel governo dei grandi fenomeni in corso quali l’immigrazione, le crisi economico-finanziarie, i cambiamenti climatici e il terrorismo internazionale. Il regionalismo italiano ha prodotto spesa...
Sabato 8 ottobre a Roma alle ore 16 ci ritroveremo in Piazza Mazzini e marceremo fino a Castel S. Angelo per un società aperta e per lo Stato di Diritto, con Emma Bonino, insieme ai rappresentanti di molti popoli oppressi nel mondo. Con questa iniziativa vogliamo porre l’attenzione sul pericoloso...