Il secondo avviso diretto a Teheran

Dalla Rassegna stampa

Se qualcuno pensa che il trattato di disarmo firmato ieri da Obama e Medvedev sia soltanto un curioso amarcord da guerra fredda, sbaglia. Sbaglia perché la riduzione di un terzo dei due più forniti arsenali nucleari del mondo è comunque una buona notizia. E sbaglia, soprattutto, perché dietro la pomposa cerimonia di Praga emerge il disegno attualissimo di una manovra a tenaglia che Obama intende attuare contro i progetti atomici dell’Iran coinvolgendo nell’impresa tanto la Russia quanto la Cina.
Più del taglio delle ogive e dei vettori intercontinentali, sarà questa strategia asti-proliferazione a tenere banco nelle prossime settimane e a far capire se con Teheran sia ancora possibile avviare un serio negoziato. Obama ha compiuto il primo passo alla vigilia del suo viaggio a Praga, enunciando una nuova dottrina nucleare Usa che pur restringendo le ipotesi di ricorso all’arma atomica lascia esposto un Iran che si dotasse della bomba. Nella capitale ceca, ieri, Obama è passato alla seconda fase: se Usa e Russia danno il buon esempio e tagliano i loro arsenali sarà più difficile per altri, come l’Iran, percorrere il cammino inverso. Non solo. Risulterà assai arduo per Mosca non condividere le preoccupazioni di Washington. E infatti ieri Medvedev a queste preoccupazioni si è associato come mai prima aveva fatto, condannando il mancato rispetto del diritto internazionale da parte di Teheran e il suo rifiuto delle offerte negoziali ricevute.
Quando Obama ha detto queste parole, che contengono un trasparente riferimento a Israele e sembrano dichiarare inaccettabile per gli Usa anche la semplice capacità nucleare, Medvedev ha assentito. Così come ha riconosciuto che di severe sanzioni anti-Iran, il prossimo passo in calendario, sì debba discutere all’Onu. Ponendo una sola condizione: che queste sanzioni siano «intelligenti», vale a dire mirate contro i centri di potere e non contro la società.
La Russia è stata dunque definitivamente presa a bordo sotto copertura del nuovo trattato di disarmo? Probabilmente sì, ma sarà saggio aspettare di vedere cosa ne pensa Putin e resta assai poco verosimile che Mosca appoggi sanzioni energetiche tipo taglio delle forniture di benzina. Siamo alla terza tappa, lunedì prossimo. Obama ha convocato a Washington un vertice per la sicurezza nucleare: maggiori controlli sul mercato nero, misure per evitare che terroristi possano fabbricare una «bomba sporca» raccogliendo componenti qui e là. Medvedev ci sarà. Ma il fatto rilevante è che ci sarà il cinese Hu Jintao,
che non intende farsi scavalcare da quanto è accaduto ieri a Praga e che già da qualche giorno fa circolare indiscrezioni su una nuova disponibilità di Pechino a discutere le sanzioni anti-Iran (beninteso, anche la Cina metterà sul tavolo le sue limitazioni). Il soggiorno di Hu Jintao negli Usa, dopo un periodo di rapporti assai tesi, dovrebbe consentire di riportare il sereno tra Washington e Pechino. Sull’Iran, e forse anche su una limitata libera fluttuazione (e dunque rivalutazione) della yuan.
Se andrà così, la manovra a tenaglia di Obama potrà dirsi vittoriosa. E resterà, per completarla, soltanto la quarta tappa: la revisione, nel mese di maggio, di un Trattato di non proliferazione nucleare che per restare credibile dipende interamente dallo stop ai programmi atomici iraniani.
Ma si stringerà davvero, la tenaglia di Obama? Qualche dubbio è lecito. Teheran potrebbe cedere al rischio di isolamento totale, se Mosca e Pechino saliranno sul carro di Obama. Ma se qualcuno facesse il doppio gioco, e soprattutto se in Iran continuasse a prevalere un regime tanto diviso quanto intransigente, potrebbe anche accadere che l’assedio si riveli inutile. Occorrerà aspettare e verificare, mentre Obama si gioca una dopo l’altra le sue carte. Quel che sappiamo già è invece che l’Europa brilla ancora una volta per la sua assenza. Non tanto nei tagli di armamenti intercontinentali, che poco la riguardano. Ma siamo sicuri che Obama prima di enunciare la sua nuova dottrina nucleare (la quale in linea ipotetica cambia la natura dell’ombrello atomico americano, pensato nei tempi andati contro un attacco convenzionale) abbia consultato gli alleati europei? E possiamo non osservare che sulle bombe atomiche tattiche dislocate ìn Europa (di cui un gruppo guidato dalla Germania chiede il ritiro) si è deciso ieri di rinviare la questione senza neppure citarla in un senso o nell’altro? Obama per primo sembra guardare altrove. E stato lui a volere che la firma del nuovo trattato avesse luogo a Praga, per ricordare il suo discorso di un anno fa sull’ideale di un futuribile mondo senza armi nucleari. Ma per gli europei la scelta della Repubblica Ceca, membro della Ue e della Nato, somiglia piuttosto a un amaro paradosso.

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