«Se Silvio lascia chiuderemo noi la legislatura»

Dalla Rassegna stampa

Gianfranco Rotondi, leader della mini-Dc e ministro per l’Attuazione del Programma, è uno dei pasdaran del voto: Silvio o urne, ripete come un mantra da giorni.
 
 Ministro, ci crede davvero o esorcizza così trappoloni e armistizi?
 «In campo ci sono due proposte. C’è il governo di responsabilità nazionale che si intesta Casini e che ovviamente deve includere Berlusconi. Nel senso non che debba farne parte, ma che debba accettarlo. Invece Berlusconi l’ha respinto».
 
 Quindi il passo indietro è un’ipotesi che non esiste?
 «No davvero. Nessuno di noi lo accetterebbe. Casini lo propone perché gli piace come suona: è già in campagna elettorale - come me, come tutti - e la imposta così. Con belle parole che piacciono al suo elettorato».
 
 Lei la sua campagna come la imposta?
 «È la rivincita della Dc. Ci chiamavano trasformisti. oggi l’unico ministro democristiano, io, è quello che difende Berlusconi fino in fondo e in nome del bipolarismo chiede di andare al voto. In una compagnia trasversale, badi: i miei soci sono Bossi e Di Pietro. Nella maggioranza non molti altri vogliono le urne».
 
 Perché lei sì? Quante divisioni comanda?
 «Gioco la partita secondo le regole. Verifica e passo indietro sono parole da Prima Repubblica. Andavano bene quando vigevano il proporzionale e l’elezione indiretta del premier».
 
 Veramente, l’elezione del capo del governo non risulta essere cambiata...
«Dal ‘94, con la Seconda Repubblica il premier di fatto è scelto dai cittadini. Lo prevede ormai la Costituzione materiale. Sono le consuetudini».
 
 Ministro, la Carta parla chiaro.
 «Quella formale va sempre coniugata con quella materiale. Vieppiù da Napolitano che la conosce bene».
 
 Sta tirando anche lei il presidente della Repubblica per la giacca? Ha fatto sapere che non gradisce.
 «Ma per carità. Lo conosco da molto tempo. Da campano parlo il suo stesso linguaggio. Non ho dubbi su come gestirà la crisi».
 
E come?
 «Rispetterà tutti i passaggi formali. Se c’è una maggioranza alternativa farà un altro governo. Ma lui, a differenza di altri, questa maggioranza la registra: non la ricerca e tanto meno la costruisce. Quindi, non la troverà.
 
 Qual è la seconda ipotesi in campo?
 «Appurato che Casini si limita agli slogan, la strategia più sottile è di Fini. L’altro centrodestra: non punta al ribaltane ma a un centrodestra deberlusconizzato con dentro Casini. Una prospettiva che non auguro a nessuno. Neanche al Pd: per loro sarebbe un disastro».
 
 Neanche loro se lo augurano.
 «Li rassicuro: li fermeremo noi "piccoli" del PdL. A Palazzo Madama abbiamo 10 senatori. Uno più di Fini, visto che Pontone è in fuga. C’è Giovanardi, Cutrufo, Compagna, Dini... E noi un altro centrodestra non lo votiamo. Punto».
 
Nemmeno per disciplina di coalizione o per il bene dell’Italia?
 «Scusi, dovrei votare - poniamo - il governo Valentino Valentini in una crisi extraparlamentare ad opera di un partito (Fli, ndr) che sei mesi fa non esisteva e guidato da uno, il presidente della Camera, che dovrebbe essere l’arbitro? Ma non scherziamo. Io faccio gli autoconvocati di Pannella. Scusate la presunzione, ma in quel caso la legislatura la chiude Rotondi!».
 
 Se Berlusconi cede al forcing interno e glielo ordina?
 «Allora noi gli porremo un problema in più. Io sono fedele al premier. Proprio per questo se decide di suicidarsi lo avverto prima. Non deve dimettersi neppure per succedere a se stesso».
 
 La Lega sul Colle non tentennerà?
«Nessuno si faccia illusioni su Bossi: il patto è d’acciaio. Berlusconi gli ha dato il federalismo, il rapporto è eccellente. E poi...».
 
 Poi?
Al Senatùr non brucerebbe la possibilità di parlare all’elettorato berlusconiano. Tanto meno nell’imminenza di una campagna elettorale».
 
 Non le andrebbe bene neanche un esecutivo anti-crisi Draghi o Monti?
 «Assolutamente no. Io non do la fiducia a nessuno che non sia stato votato dai cittadini. Se è un problema di poltrone, sono pronto a sacrificare il mio ministero per allargare la maggioranza».

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