Se la "rossa" Umbria continua a far parlare

Dalla Rassegna stampa

Se Atene piange, Sparta non ride. Siamo certi che la cosiddetta "opposizione", consacrata dall'alleanza tra Bersani, Di Pietro e Vendola, capaci solo di ripetere monotonamente a ogni piè sospinto la nenia delle dimissioni del premier senza, però, proporre un articolato e credibile programma, sia, poi, molto diversa da quella maggioranza governativa che ambirebbe mandare a casa? Berlusconi è davvero la peste, il mostro dei mostri, il grande vampiro, la causa di tutti i mali, il bubbone da rimuovere per trasformare d'incanto il nostro sciagurato paese in una valle dell'Eden? Non è piuttosto il cavaliere, tanto quanto la sedicente "opposizione", un aspetto di quella partitocrazia cominciata già all'indomani della nascita della nostra Repubblica, a dispetto e a scapito, oltre che della carta costituzionale, delle speranze degli italiani? Qualcuno obietterà che non è così e che "l'importante è che Berlusconi, il feroce tiranno, venga fatto fuori", con le buone o con le cattive, per preparare una "fase costituente" preludio dell'avvento al potere dei "partiti che fanno gli interessi dei lavoratori". Già. Peccato che, laddove senza soluzione di continuità sono abbarbicati da quarant'anni al governo delle regioni, quei partiti siano dediti a ben altri interessi che a quelli dei "lavoratori", attuando nella propria gestione né più né meno che metodi e comportamenti di quella maggioranza che oggi vorrebbero defenestrare. Per averne riprova basta semplicemente avere la pazienza di leggere, articolo dopo articolo, quanto le pagine regionali umbre del quotidiano "Il Messaggero" stanno meritoriamente pubblicando relativamente agli atti dell'inchiesta della magistratura su quella che erroneamente è stata denominata "sanitopoli umbra" e che, in realtà, dovrebbe più appropriatamente chiamarsi come "regime umbro".

Più volte abbiamo denunciato quanto avviene nella "rossa" Umbria, dalle malversazioni agli appalti truccati, dai concorsi "pilotati" alle infiltrazioni nei diversi apparati da parte di organizzazioni malavitose. E più volte abbiamo rimarcato che se ciò è potuto accadere è perché, contrariamente alle immagini di facciata, il sistema locale non è stato reso impermeabile da lunghi anni di monopolio politico.

Ciò che è emerso da accertamenti, intercettazioni telefoniche e ambientali dei carabinieri del Roni (Reparto operativo nucleo informativo) di Perugia è estremamente chiaro e mette pesantemente sotto accusa un partito-regione-regime. È tanto grave che ormai all'interno dello stesso partito si chiede un cambio radicale. Una svolta è certamente urgente ma non sarà facile considerato il livello di imputridimento a cui si è ormai arrivati e la trasformazione in comitati di affari dei gruppi di potere costituitisi attorno ad amministratori ed esponenti di partito.

Le indagini, partite dalle rilevazioni di un giovane militante del Pd rimasto insoddisfatto per il mancato ottenimento, come premio per il suo attivismo, di un posto di lavoro di rilievo (non di uno qualsiasi) sono giunte, dunque, alla fase conclusiva. A sfogliare le mille cinquecento pagine si è assaliti da nausea e sconforto. Ce n'è per tutti i gusti: da appalti poco limpidi e finanziamenti erogati dopo il terremoto del 1997 alle selezioni "addomesticate" per entrare nella società regionale che gestisce i servizi informatici nei presidi ospedalieri, dalle assunzioni in cambio di firme e di voti a favore degli sponsor di turno alle agevolazioni nei confronti di mogli e parenti di sindaci, assessori, deputati fino al pagamento con fondi pubblici di campagne elettorali private. E non manca addirittura una sorta di "prezziario" con le ricompense a seconda dei consensi elettorali procurati, con "premi" che vanno dall'assegnazione di dottorati di ricerca all'università a consulenze da centomila curo in quattro anni... se ne traggano le necessarie conclusioni.

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