«Se in politica conta la bellezza il Cavaliere dovrebbe lasciare»

Dalla Rassegna stampa

Che non sia lì per caso, lo spiega subito. «Mi sono fatta un bel po' di chilometri dalla mia Toscana, dove dovrò tornare nel pomeriggio, perché parlare di 8 marzo qui ad Arcore ha un valore simbolico per tutto il Paese. Ed è ancora più simbolico il titolo di questo convegno, che parla di Resistenza delle donne dal 1943 al 2011. Perché dobbiamo ancora resistere». Rosy Bindi strappa applausi in continuazione, al convegno organizzato dalla sezione Anpi di Arcore: siamo nell'auditorium sorto dove un tempo fabbricavano le Gilera, a poche centinaia di metri dal parco che delimita villa San Martino, una delle residenze del premier.
La Bindi non lo cita mai direttamente, tranne quando lancia la battuta: «Se vogliono stabilire che per far politica conta la bellezza, il primo a dimettersi dovrebbe essere Berlusconi». Il resto è l'ammissione che «il nostro cammino di donne che hanno fatto la Resistenza e che hanno conquistato faticosamente diritti e riconoscimenti si è in qualche modo fermato. E forse è un bene che siano esplose le contraddizioni».
Sono continue le critiche al fatto che «hanno ridotto la donna a una sola dimensione, quella del suo corpo e del suo privato». A questo proposito «non si capisce perché gli uomini stanno nel pubblico e possono rivendicare la privacy del loro privato, mentre quello che avviene su una donna, dall'adulterio alla violenza carnale, è sempre fatto pubblico». Il problema, e qui scatta un'altra ovazione, è che «oggi quello che succede nel privato ha una forza straordinaria, tanto che determina la classe dirigente del Paese».
La Bindi invoca un'inversione, di tendenza: «Perché in tutti gli ambiti di lavoro, dagli ospedali alle Università alle banche, non ci sono mai donne nei posti di comando? E perché questo è rimasto uno degli ultimi Paesi al mondo dove neppure si può lontanamente pensare di affidare la guida del Governo ad una donna?».

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