Se le Ong fanno politica

Dalla Rassegna stampa

 

Mettiamola così: se pure lo scoop del "Times" dovesse rivelarsi un falso e i tre operatori italiani detenuti nelle prigioni di Kabul con l’accusa di essere dei complici dei talebani (Matteo dell’Aira, 41 anni, di Milano, coordinatore medico, Marco Garatti, 49 anni di Brescia, chirurgo d’urgenza e Matteo Pagani, 28 anni, di Roma, tecnico della logistica) non avessero, come sembra, confessato alcunchè, e tantomeno di essere stati compartecipi di un qualche complotto terroristico contro il governo di Amid Karzai, non cambierebbe comunque e affatto la sostanza di tutto un altro ragionamento, contenuto tra le righe dei commenti istituzionali governativi fin qui sentiti sulla cosa... queste ong (Organizzazioni NonGovernative), che ricevono non pochi soldi dalla Farnesina, oltre che quelli del contribuente sotto forma di 5 per mille, devono dotarsi di un codice dì auto-regolamentazione che impedisca ai loro capi ed esponenti vari di diventare un serio problema per i soldati italiani presenti nei teatri di intervento Nato, Onu o quant’altro. In parole povere non si può, nella fattispecie, conciliare la presenza di soldati italiani nella forza multinazionale di pace, che cerca di aiutare il governo afghano a resistere agli attacchi dei talebani, e contemporaneamente avere in loco una organizzazione che magari cura nel proprio ospedale anche i terroristi feriti nei conflitti a fuoco con i soldati italiani, o inglesi, americani o quant’altro. Perché al di là delle buone intenzioni umanitarie, di fatto Gino Strada rischia di diventare la Florence Nightingale dei terroristi del mullah Omar o di chi per lui. E perché si mette la Farnesina in costante conflitto di interessi con questi governi alleati dei Terzo Mondo che si vogliono proteggere. Quello che sta, infatti, accadendo in questi giorni a Kabul con i medici e gli operatori di Emergency è simile a quello che succedeva nel 2003-2004 a Baghdad con "Un ponte per .." e con il caso delle due Simone: lì addirittura da una parte avevamo il nostro paese impegnato nell’operazione anti terrorismo di Bush e Blair e dall’altra avevamo un’organizzazione non governativa, finanziata dalla Farnesina e dal 5 per mille, che stava a Baghdad per fare propaganda contro questa guerra, "giusta" o "sbagliata" che fosse stata. Il tutto a prescindere da quale sia in Italia l’esecutivo in carica. Questa maniera di usare le ong per fare politica, pacifismo mondiale, pressione sui governi, cozza contro la razionalità ed espone altri italiani presenti in quelle zone a pericoli seri per la propria vita. Inoltre gli stessi "operatori umanitari" in questione, spesso si trovano a svolgere ruoli talmente ambigui da essere sospetttti di doppio giochismo dai potenti e dai potentati locali, cosa che per esempio potrebbe spiegare il rapimento dellaTorretta e della Pari. Per non parlare delle bande di predoni e profittatori che gustano come un prelibato bocconcino ogni italiano da rapire e di cui chiedere il riscatto al nostro Paese. Riscatti che si sa, dalla Giuliana Sgrena in giù e in sù, così come per Daniele Mastrogiacomo, le Simone e tutti gli altri rapiti, sono sempre stati pagati andando dalla presidenza del Consiglio italiana, con soldi andati a finire nelle tasche di trafficanti di armi, droga e di terroristi vari. Un discorso a parte meritano poi le ong che operano a Gaza e in Libano e che spesso hanno messo a rischio i rapporti dell’Italia con uno stato democratico come Israele, andando in loco a fare per lo più propaganda terzomondista anti-israeliana e anti-sionista. Se si legge la lettera firmata, dello scorso 9 luglio 2009, da tutte le ong italiane che operano a Gaza (spiccano i nomi di ACS, CISP, CISS, COSPE, CRIC, CENTRO INTERNAZIONALE CROCEVIA, DISVI, EDUCAID, MEDINA, OVERSEAS, TERRE DES HOMMES ITALIA, VIS, GVC) e indirizzata proprio al governo italiano, si prova la stessa sensazione di quando si legge un proclama di "Forum Palestina" o di partiti come Rifondazione comunista. Si trovano frasi come ".. nessun passo in avanti è stato compiuto dalla comunità internazionale per garantire l’entrata a Gaza degli aiuti e dei materiali di costruzione. E’ giunto il momento che i leader mondiali intraprendano azioni concrete volte a fare pressioni sul governo israeliano affinché i valichi vengano aperti e garantiscano l’entrata degli aiuti e dei materiali per la ricostruzione".
In altri passaggi, poi, si condanna preventivamente Israele, incitando addirittura al boicottaggio. Ad esempio, così: ".. le restrizioni e i divieti imposti da Israele sono misure che violano i diritti umani della popolazione civile di Gaza. Tutto questo è inaccettabile. Pertanto facciamo appello all’Unione europea affinché congeli il rafforzamento dell’accordo di associazione Ue - Israele, accordo che ha come prerequisito da parte dello Stato di Israele il rispetto "dei principi della Carta delle Nazioni unite, in particolare il rispetto dei diritti umani, dei principi democratici e la libertà economica". Difficilmente invece si leggono appelli uguali e contrari che riguardino Hamas, gli Hezbollah o l’operato della stessa Autorità nazionale palestinese. Insomma fare i cooperatori non può identificarsi con il fare gli agit prop. E soprattutto non ci può essere un incidente diplomatico al mese. Ora quello che ci si chiede è questo: perché mai la Farnesina e i contribuenti dovrebbero sostenere organizzazioni che più che occuparsi di tematiche umanitarie fanno politica anti governativa, sempre e comunque mettendo anche a rischio i rapporti tra l’Italia (ma anche la stessa Europa) e i governi dei paesi in cui sono presenti nostre forze militari?

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