Se il muro dell'Egitto non indigna nessuno

Dalla Rassegna stampa

Questa volta nessuno grida invettive al «muro della vergogna» e al «muro dell`apartheid» e Amnesty International non investe le autorità dei mondo additando alla riprovazione universale il «muro della segregazione». Stavolta il muro di acciaio super-resistente, lungo una decina di chilometri, capace di andare in profondità fino a 3o metri sottoterra e che non farà passare nemmeno uno spillo destinato ai palestinesi di Gaza, è tutto di marca egiziana. Non israeliana, e dunque immeritevole di cortei, petizioni, accorati appelli umanitari. Il muro dell`Egitto viene riedificato, stavolta indistruttibile, dove i palestinesi di Gaza avevano distrutto parte di quello antico. Non solo militanti di Hamas, ma civili che tentavano di sfuggire all`embargo israeliano. Strategicamente e militarmente l`Egitto ha più di una ragione dalla sua: attraverso i tunnel al confine non c`era solo un andirivieni di viveri e contrabbandieri, ma di armi, munizioni, materiale indispensabile per costruire quell`arsenale di missili con cui Hamas, padrona dispotica e incontrastata nella striscia di Gaza, ha preso a bombardare la popolazione civile di Israele, a poche centinaia di metri oltreconfine. Lo stesso Stato di Israele, ovviamente, guarda al muro egiziano con atteggiamento tutt`altro che ostile. Prima di tutto per l`ostruzione che quella barriera d`acciaio determinerà nell`incessante traffico di armi ed esplosivi destinati ad alimentare la guerra santa con cui Hamas vorrebbe radere al suolo Israele e annientare i «sionisti usurpatori». In secondo luogo per il segnale di disponibilità politica dell`Egitto nell`opera di indebolimento dell`ala più oltranzista del movimento palestinese. Il «muro d`Egitto» ha dunque una forte motivazione politico-militare. Ma è impensabile che tra i suoi effetti cosiddetti collaterali non ci sia anche un peggioramento nelle condizioni di vita dei palestinesi civili di Gaza, irrimediabilmente schiacciati tra l`embargo di Israele e il filo spinato srotolato da un potente Paese arabo. Solo che queste ripercussioni negative sulla popolazione palestinese nel caso del muro egiziano appaiono secondarie, non suscitano l`indignazione internazionale, non mobilitano l`opinione pubblica più vulnerabile al richiamo ideologico anti-israeliano. Anche il «muro» israeliano (peraltro nella sua parte preponderante impropriamente definito così) ha dalla sua ottime ragioni autodifensive, e in questi anni ha consentito una diminuzione rilevantissima di attentati suicidi contro la popolazione civile di Israele. Ma quello di Gerusalemme viene bollato, esecrato e vituperato come il «muro della vergogna e dell`apartheid», mentre quello egiziano no. I pacifisti appaiono silenti, non si accendono i riflettori dei media internazionali, non si versano lacrime sul destino terribile e amaro dei palestinesi di Gaza. È come se, per l`ennesima volta, non acquistasse alcun rilievo emotivo, nelle cancellerie ma anche in chi segue con passione ed alta temperatura morale le cose del Medioriente, la brutalità, la spregiudicata insofferenza, il cinismo con cui i Paesi arabi hanno trattato e continuano a trattare i loro «fratelli» palestinesi. L`ex rappresentante dell`Olp Nemer Hammad ha raccontato in modo dettagliato la sorte dei tantissimi profughi palestinesi incarcerati nei Paesi arabi tra il`48 e il`67, dalla nascita d`Israele all`occupazione israeliana dei territori palestinesi dopo la Guerra dei sei giorni. E la crudeltà con cui i guerriglieri palestinesi sono stati trattati dalla Siria, dalla Giordania (a cominciare dal «Settembre nero»), dal Libano in molti casi non è nemmeno lontanamente paragonabile agli standard consueti adottati da Israele contro il suo nemico giurato sul piano militare, politico e psicologico. E mentre, avendo al centro dell`attenzione il destino di un palestinese di Gaza e della Cisgiordania, il muro israeliano appare agli occhi del mondo come un`intollerabile vessazione ai danni dei reietti della Terra, per il muro di un Paese amico questa stessa considerazione anche vagamente umanitaria sbiadisce e addirittura si annulla. L`indignazione selettiva viene applicata con puntualità e precisione e gli egiziani non vengono indicati agli occhi del mondo come gli affamatori dei palestinesi. Come d`incanto, sparisce l`apartheid. E anche, se non soprattutto, la propaganda sull`apartheid.

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