Se le due candidate parlano al Paese, snobbano la Regione e finiscono fuori tema

Dalla Rassegna stampa

A sei settimane dal voto si può azzardare se non un bilancio almeno una prima impressione su una campagna elettorale che per motivi diversi sin dalle prime battute si annunciava, nuova e dunque imprevedibile. Due donne in concorso per il posto di presidente della Regione Lazio. Non era mai successo. E già questo era un buon inizio per riconciliare con la politica quanti se ne sono allontanati per varie ragioni. E`appena il caso di ricordare che da noi le donne in molti settori hanno ancora il ruolo che in Europa ha la commissione del Lussemburgo, (con tutto il rispetto per i lussemburghesi). Se poi aggiungiamo che gli uomini cedono molto malvolentieri il potere e ancora più malvolentieri se a una donna, ecco il senso più sociale del gradino che stiamo salendo. Un piccolo passo in avanti, politicamente nuovo.
Senonché in questi primi giorni, da parte sia della Bonino che della Polverini, qualcosa non ha funzionato come doveva. Forse c`è stato, diciamo, un difetto di comunicazione. Forse ha prevalso la novità di trovarsi coi riflettori addosso. Fatto sta che i temi nazionali hanno avuto regolarmente il sopravvento sugli altri. Quasi che calarsi nel particulare, studiare a fondo le questioni del territorio dai quartieri di Roma alle piccole comunità montane, fosse un disvalore, in qualche modo volesse dire sminuirsi pubblicamente. E`vero esattamente il contrario. L`Amministrazione
di un territorio ha un suo naturale raggio d`azione. Rispondere ad una domanda, «mi dispiace, questa è una materia che non compete al presidente della Regione», per un candidato alla presidenza di un ente locale può essere tutt`altro che disdicevole. E allora ecco - per fare i due esempi di giornata - Renata Polverini augurarsi che il governo sulla trasformazione in Spa della
protezione civile «faccia una pausa». E la Bonino dirsi preoccupata per la «debolezza delle istituzioni». Non v`è giorno ormai che l`una o l`altra non intervengano per offrire i loro suggerimenti alla nazione, al governo e al popolo sovrano. La prima forse per ribadire la sua sindacale vocazione all`autonomia. La seconda perché impegnata a diffondere oltre i confini del Lazio il pensiero dei radicali e al tempo stesso rassicurare i cattolici. Al netto di questa aspirazioni, più o meno legittime per entrambe, viene però da chiedersi: che fine hanno fatto i programmi? Quando si inizierà a discutere, apertamente, senza giri di parole per non scontentare questo o
quell`alleato, di rifiuti, sanità, federalismo ,fiscale, infrastrutture? E come s`intende governare
la Regione che ha il debito sanitario più profondo d`Italia? Sono questi i temi di cui si occupano i
governi di prossimità, quelli di cui dopo il 28 e il 29 marzo una delle due candidate dovrà occuparsi. Sono i temi di sempre ma non sono mai gli stessi. E vanno continuamente
aggiornati come i dizionari e le cartegeografiche.

© 2010 Il Messaggero. Tutti i diritti riservati

SEGUICI
SU
FACEBOOK