Scontro Lega-Alfano per il ddl carceri. Fuori 11 mila detenuti

Dalla Rassegna stampa

La battagliera e radicale Rita Bernardini ha cominciato lo sciopero della fame. Una settimana fa i suicidi in carcere erano diciassette dall’inizio dell’anno, un numero impazzito, e ha chiesto che la Commissione Giustizia della Camera approvasse in sede legislativa, come se fosse l’aula, il ddl Alfano per far uscire subito tra arresti domiciliari e messa alla prova 11-12 mila detenuti ed allentare la pressione mortale sugli istituti penitenziari italiani. Richiesta bocciata con il no di Lega e Idv e la richiesta di chiarimenti da parte del Pd. Oggi il numero dei suicidi è arrivato a venti e non c’è più un minuto da perdere. Al tempo è scaduto e il Parlamento non può più assistere inerte alla strage che con cadenza quotidiana si consuma nelle carceri italiane» dice Bernardini.
Concetto chiaro, ma nulla si muove. La maggioranza ha un problema grosso come una casa con la Lega. E arresti domiciliari e messa alla prova, le soluzioni indicate nel ddl Alfano, sono per governo e Dap l’unica soluzione possibile. Ma nei due rami del Parlamento nessuno sembra voler prendere l’iniziativa di fronte a un fenomeno, i decessi in carcere, che per numeri può essere paragonato a una pena di morte di Stato.
Carceri che scoppiano: quasi un refrain dalla metà degli anni novanta e argomento con scarsissimo appeal per giornali e media. Era il 1990 quando fu concessa l’ultima amnistia, toppa ripetuta e ormai lisa all’antico problema del sovraffollamento che dal ‘90 fu deciso di non utilizzare più. Da allora per il nostro sistema penitenziario fermo a 43 mila posti e sottodimensionato rispetto alle esigenze sono state fatte decine di proposte. Alcune assai curiose come quelle che hanno ipotizzato le carceri sulle navi ancorate al largo nel Mediterraneo. Ma le chiacchiere, come sempre, stanno a zero. E periodicamente scatta l’emergenza.
Mai come questa volta, però: 67.271 detenuti di fronte a 43 mila posti disponibili, cinquemila unità oltre la più volta innalzata - rubando spazi a quelli che dovrebbero essere i luoghi di socialità - soglia di tollerabilità. E 55 morti decessi dall’inizio dell’anno.
Il problema è chiaro sotto gli occhi del ministro Alfano e del governo fin dal maggio 2008. Ma c’è sempre il problema Lega. Il partito della «certezza della pena», tutto manette e cappi, riconosce solo un concetto: «Costruire più istituti e guai a chi li svuota». Concetto ribadito anche una settimana fa da Molteni in Commissione giustizia. Una malintesa voglia di manette e di giustizialismo che non tiene conto dei fondamenti della nostra Costituzione e condivisa, anche se in modo meno grezzo, dall’Idv. «La messa alla prova è una scorciatoia di non punibilità che lascia impunita la microcriminalità» ha detto Di Pietro. E i domiciliari sono «la sconfitta della Stato che dice, vabbuò, ti levo un anno».
Il Pd con i suoi voti può essere decisivo. E una questione di responsabilità. In nome del diritto e della dignità.

© 2010 L'Unità. Tutti i diritti riservati

SEGUICI
SU
FACEBOOK