La scommessa del premier, distinguersi dalla Spagna

Il governo Monti non intende chiedere formalmente aiuto, che sia nella forma dello scudo anti-spread dell'Efsf o di un programma pieno sovvenzionato da Eurozona e Fmi. La tesi è che l'Italia, soprattutto nei conti pubblici e nel sistema bancario, sia strutturalmente più solida di Grecia, Irlanda, Portogallo e Spagna. Il piano delle misure fiscali per far calare il rapporto debito/Pil e delle riforme per rilanciare la crescita è in fase avanzata. I rendimenti dei BTp sono alti ma ancora sostenibili per il bilancio dello Stato e le aste sono state tranquillamente coperte nel corso della crisi: non è detto che acquisti extra ma limitati da parte di un creditore "official" privilegiato possano alla distanza far bene ai BTp. Lo spread tra BTp e Bund va ridotto non per salvare lo Stato italiano dalla bancarotta, perché l'Italia non si trova sull'orlo del baratro, ma per migliorare le condizioni del credito all'economia italiana, a imprese e famiglie.
L'Efsf dal canto suo preferirebbe non aiutare l'Italia perché non ha la potenza di fuoco per un aiuto integrale: può intervenire solo marginalmente, coprendo metà delle aste a medio-lungo per poco più di due anni. La Bce è pronta a riavviare il Securities markets programme anche per acquistare i BTp sul secondario, se dovesse servire: ma preferirebbe non farlo. Difendere un tetto massimo di rendimento sui titoli di Stato italiani, con oltre 1.000 miliardi di BTp in circolazione, richiede risorse veramente ingenti, difficili da gestirsi mentre la Bundesbank rema contro. Gli Stati "core" dell'Eurozona sono disposti a tutto per salvare l'euro: meglio però se nel far questo non si debba salvare anche l'Italia, notoriamente «troppo grande per essere salvata e troppo grande per fallire».
Quel che potrebbe accadere nei prossimi giorni o nelle prossime settimane, con il benestare questa volta dei principali attori coinvolti, è che sia solo la Spagna a richiedere formalmente aiuto all'Efsf e che la Bce si attivi sul secondario dei Bonos. Madrid ha già ottenuto fino a 100 miliardi dall'Eurozona per ricapitalizzare le sue banche decotte. Ora, con il rischio di sforare anche quest'anno il target del deficit/Pil e con il problema aperto del rifinanziamento del debito in scadenza delle regioni, la Spagna potrebbe incontrare serie difficoltà nel collocare Bonos entro fine anno per una cifra ancora tutta da definirsi, con aste a medio-lungo che ballano tra 40, 50 e 60 miliardi. L'Efsf ha una potenza di fuoco adeguata, assieme all'Esm, per far fronte alle necessità spagnole, piccole, medie o grandi che siano. La Bce può acquistare i Bonos sul secondario e domare scambi e spread impegnando entità non eclatanti, evitando una monetizzazione spaventosa di debito pubblico: le condizioni ex-ante ed ex-post, accettate dalla Spagna con la firma di un Memorandum of Understanding ad hoc, metterebbero a tacere chi evoca i fantasmi dell'azzardo morale, della solidarietà senza condizionalità e dell'iperinflazione.
Salvata la Spagna, con tutti i mezzi possibili per salvare l'euro, l'Italia dovrà comunque vedersela con i mercati: il contagio è imprevedibile, potrebbe arrestarsi o divampare. A quel punto, sarà nell'interesse di tutti, non solo del Governo Monti ma anche degli Stati "core"europei, Efsf/Esm, Bce, Fmi, Usa e Cina, e dei mercati stessi, mettere l'Italia in sicurezza. Non obbligandola a richiedere ufficialmente aiuto come la Spagna, perché questo metterebbe in moto meccanismi dagli esiti incontrollabili. Basterebbero acquisti sui BTp dalla Bce.
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