Sciopero della fame per il fine vita

Uno sciopero della fame per lanciare un appello al parlamento. E chiedere che laici e cattolici dialoghino sul biotestamento. Carlo Troilo ha ancora stampato in mente Il dramma del fratello Michele. Nel 2004 si gettò dal quarto piano, disperato per la sua malattia, una leucemia incurabile, quando si rese conto che i medici non potevano aiutarlo a mettere fine a quella sofferenza. «Restò inascoltato e, come lui, migliaia dl malati terminali. In Italia sono mille all'anno i malati suicidi, tanti quanti i morti sul lavoro. L'Istat lo segnala, eppure nessuno ne parla», racconta Carlo Troilo, da quel giorno impegnato con l'associazione Luca Coscioni. Suo fratello gli chiese di raccontare la sua vicenda. E lui l'ha fatto. Oggi, alla vigilia della discussione sul biotestamento e sulla proposta di legge del centrodestra, che intende affidare al medico - e non al paziente - la decisione finale sulle cure nel caso di incoscienza, ha deciso di tornare a battersi. «Farò questo sciopero della fame di tre giorni come appello al dialogo rivolto al parlamentari. Nel nostro Paese c'è la tradizione del voto di coscienza, in casi come questo, per cui chiedo che non si scelga solo in base al diktat del partiti. Spero serva almeno a porre un dubbio nell'anima della nostra classe politica», spiega Troilo. Il suo appello è rivolto ai laici del Pdl e del Pd, così come al presidente della Camera Gianfranco Fini, perché possano favorire un asse trasversale, proprio come ai tempi di divorzio e aborto, che colga le incongruenze del testo: dalla prevalenza del medico sui paziente, in conflitto con la Costituzione che garantisce che nessuno possa essere obbligato a un trattamento sanitario, fino alla «tortura» del sondino di Stato. «Quella norma sembra studiata per vendicarsi di come si concluse la vicenda di Eluana Englaro e impedire che possa ripetersi», avverte. Quando, secondo l'Eurispes, Il biotestamento trova d'accordo il 77 per cento degli italiani.
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