Lo sciopero della Confindustria della protesta

In questo ennesimo inverno dello scontento, proiettato a una ripresa che si fa sempre più chimera, una nuova e originale realtà associativa sta maturando al Nord. È una rete di una ventina di realtà del mondo produttivo che (in modo trasversale rispetto alle "classiche" associazioni di categoria cui appartengono) sta dando vita a una sorta di "Confindustria del malcontento". È di ieri l’annuncio ufficiale del marchio "SI - Salviamo l’Italia", già dotato di apposito sito, che - lontano dalla protesta effimera dei Forconi - sta mettendo a fuoco iniziative clamorose che dovrebbero partire dal 28 marzo. Dentro questa rete, guidata da imprenditori del calibro di Massimo Colomban, già proprietario della multinazionale Permasteelisa, e Arturo Artom, ex pioniere della new economy, c’è un po’ di tutto: realtà organizzate (da Confapri, la più nota, ad Apindustria Vicenza, il Tea Party Italia, il Forum dei mediatori e altre sigle) come gruppi autonomi. «Ma contiamo di arrivare a 50 realtà», dichiara Artom. Il tutto in rappresentanza di 1,5 milioni d’imprese sempre più stanche, che non ce la fanno più, stremate da una crisi infinita ma anche dall’inettitudine della classe politica.
«Noi non siamo disfattisti ma propositivi - afferma Colomban-. L’Italia può risorgere, e alla grande. Ma dobbiamo fare presto! Questa classe politica sta suicidando il Paese, speriamo che ora si smetta di perdere tempo e si affrontino i problemi reali». È per questo che la rete di SI sta pensando a quella che chiama una «Primavera italiana». Le iniziative in rampa di lancio sono soprattutto due: lo "Switch off ltalia", con una chiusura simbolica per una o due ore di tutte le aziende coinvolte, ma anche azioni più incisive come la presentazione di ricorsi alla Corte Costituzionale e alla Corte di giustizia europea contro quelle leggi italiane che «sviliscono il lavoro», a partire dall’Irap, l’imposta che paradossalmente colpisce di più chi ha più dipendenti. Per definire i ricorsi i movimenti di "Salviamo l’Italia" si sono rivolti a Mario Bertolissi, docente di diritto costituzionale all’Università di Padova (ma anche, curiosamente, consigliere d’amministrazione di Equitalia).
Più difficile è l’altra protesta allo studio, quella che a fine aprile potrebbe vedere queste aziende rinunciare al ruolo di "sostituto d’imposta", consegnando così ai lavoratori una busta-paga «doppia e trasparente», con dentro anche tutte quelle trattenute che rappresentano oggi quasi la metà del salario complessivo. Che questo sia un terreno scivoloso, d’altronde, lo dimostra il precedente del referendum promosso dai radicali nel 2000 e poi dichiarato incostituzionale dalla Consulta. È una proposta che si va articolando, dunque, quella di questo variegato mondo imprenditoriale che nei mesi scorsi è stato spesso accostato a M5S, per via di una serie d’incontri avuti con Grillo e Casaleggio. Una vicinanza che ritorna nei temi trattati, a partire dal rapporto con la Ue, ma lo sguardo della Rete SI va anche oltre. «I nostri scopi sono chiari - prosegue Colomban - :vogliamo contribuire al risanamento del nostro Stato, tramite delle vere proposte di legge predisposte da chi giornalmente sta al fronte».
© 2014 Avvenire. Tutti i diritti riservati
SU