Lo sciopero dei senza diritti

Lo chiamano il popolo giallo, ma la fierezza della sua gente sta nell'essere meticcio. Giallo è il colore scelto per celebrare la prima giornata di sciopero nazionale dagli immigrati, una tinta svincolata dai partiti che nel linguaggio cromatico significa cambiamento. Meticcia la razza della maggior parte delle persone, stranieri «2G», di seconda generazione, che ieri hanno «occupato» sessanta piazze per ribadire l'urgenza di un riconoscimento dei loro diritti. Colf, imprenditori, badanti, pizzaioli, studenti, lavavetri, meccanici, camerieri, baby sitter dalle origini africane, asiatiche, latino-americane, ma anche molti italiani, sono stati i protagonisti di un lunghissimo «serpentone» giallo che ha colorato l'Italia da Nord a Sud.
Decine e decine di migliaia di persone hanno aderito all'iniziativa del comitato «Primo Marzo 2010» ricalcando la protesta francese «24 heures sans nous»: ventimila in piazza a a Napoli, diecimila a Brescia, quindicimila a Milano, pochi meno a Torino, un migliaio a Bari, oltre ventimila nella capitale. L'Italia degli immigrati, ieri, si è fermata per un giorno.
L'associazionismo - Una «protesta», quella dell'onda gialla, che non è passata inosservata. Ne hanno condiviso forma e contenuti Legambiente e Coldiretti, Emergency e Acli. E l'interesse della politica è stato bipartisan. Gianfranco Fini, in particolare, è intervenuto sul fronte dei diritti: «Riconoscere la cittadinanza ai giovani stranieri nati qui o arrivati molto piccoli - ha detto il Presidente della Camera durante un incontro, a Roma, con ragazzi di origine straniera - è un ordinario esercizio di civiltà». Voce fuori dal coro la Lega Nord, che ha organizzato per oggi una contromanifestazione a Sesto San Giovanni. Una presa di posizione che non scalfisce la soddisfazione degli organizzatori: «E' stato un grande movimento pacifico, nato spontaneamente con un tam tam sul web - dice Francesca Terzoni, portavoce nazionale del Comitato Primo Marzo un successo del genere era inimmaginabile».
Il flop parigino - Un risultato diverso da quello francese, dove all'Hotel de Ville di Parigi c'erano poche centinaia di persone a riunirsi dietro un manifesto dal titolo incisivo: «Siamo tutti immigrati» ed alle foto di alcuni personaggi ben noti: Yves Montand, Michel Platini e l'umorista
Coluche. Manifestazioni, senza grandi folle, si sono svolte a Marsiglia, Tolosa e a Lille. «Quantificare la nostra azione? Difficile - spiega Peggy Derder, vice presidente del collettivo che ha promosso la rivolta - ma questo movimento ha avuto un impatto qualitativo sulla società francese e ha contribuito una volta di più a modificare le idee tarlate sull'immigrazione».
Internet - «Riconosceteci il merito di aver messo in contatto mondi diversi», aggiunge la presidente del Comitato, la giovane franco-marocchina Nadia Lamarki. E' stata lei, alcuni mesi fa, a lanciare lo sciopero fuori dalla Francia, usando Facebook. In Italia è stato un successo. Un contatto tra mondi reso possibile da «navigatori» tra culture: gli stranieri di seconda generazione che vivono a metà tra gli usi delle terre d'origine e quelle che hanno conosciuto in Italia facendole loro. Nelle strade e nelle piazze, dopo il lancio simbolico dei palloncini gialli, a raccontare l'incontro tra tradizioni e costumi differenti alcuni slogan degli immigrati: «No al razzismo, questa è anche casa nostra», «Migrare non è reato» e altri scritti dagli italiani: «Aderisco alla manifestazione perché oggi essere contro una società multiculturale è come vivere in Alaska ed essere contro la neve».
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