Sciascia, politico senza chiese

Dalla Rassegna stampa

La storia ci ha dimostrato come la Sicilia abbia sempre giocato un ruolo da protagonista nella politica italiana, ma anche che la politica nazionale, vista dalla Sicilia assume una colorazione particolare. Leonardo Sciascia è stato forse lo scrittore che più di ogni altro ha saputo trasformare in letteratura l’antropologia del siciliano. La mafia, naturalmente, ma non solo, anche l’antimafia soprattutto ha capacità di dare il quadro generale con il suo sguardo siciliano. È quindi particolarmente interessante ricostruire la vicenda politica dello scrittore per capire, in controluce, la sua opera, ma anche il Paese che lui acutamente sezionava.
 Ha provato a farlo Emanuele Macaluso nel libro "Leonardo Sciascia e i comunisti" (Feltrinelli,157 pagine, 14 euro), da un punto di vista particolare ma riuscendo a restituire un ritratto dello Sciascia politico convincente e documentato. Sciascia, quindi, comunista o anticomunista, compagno di strada dei Pci o suo critico impietoso? Ogni scelta dello scrittore provoca discussioni: quando sceglie di candidarsi nelle liste del Pci alle elezioni comunali di Palermo nel 1976 e, in senso opposto, quando nel 1978 si dimette dal Consiglio comunale. Polemiche rinnovate quando nel 1979 è eletto deputato nazionale ed europeo nelle liste del Partito radicale. Anche la sua opera letteraria scatena scontri politici: basti pensare alle reazioni di esponenti democristiani e cattolici quando in libreria arriva "Totomodo", ritratto del degrado morale della Dc. Nel 1960, con il romanzo "Il giorno della civetta", spiega al mondo che cos’è la mafia e negli anni Ottanta attacca i "professionisti dell’antimafia", i giudici del pool siciliano, mentre il suo "L’affaire Moro" diventa un vero caso, politico e letterario. Macaluso ha conosciuto Sciascia nel gruppo antifascista di Caltanissetta, nel’41, e nella cellula comunista clandestina di cui Sciascia, non iscritto al Pci, faceva parte.
 Da allora la loro amicizia è stata segnata da battaglie comuni e da polemiche, anche roventi. Macaluso dice di aver scritto il libro perché «sull’argomento sono state dette tante sciocchezze» e aggiunge: «Sciascia non aderì mai al Pci, ma attraverso il Pci militò nell’antifascismo, e con il partito ebbe sempre un rapporto molto complesso. Insomma, non fu comunista. Fu con il partito comunista e fu critico col partito comunista. Era un uomo che aveva una visione del mondo, nel senso che guardava alle ingiustizie del mondo. Al di là di tutto, rimane vera una cosa straordinaria che Sciascia ha detto di se stesso: "Contraddì ma si contraddisse"».

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