Schiaffo di Fini al premier ferito

La pace e la concordia sono durate un sol giorno, come le farfalle. Gianfranco Fini dopo aver abbracciato lunedì Silvio Berlusconi nel suo letto di dolore, ieri gli ha ammollato uno schiaffone a distanza, tanto per fargli capire che un conto sono i rituali da capezzale e un altro è la politica. Infatti, quando il ministro per i Rapporti col Parlamento, Elio Vito, ha chiesto in aula la fiducia sull`articolo 2 del testo approvato in commissione (Finanziaria), il presidente della Camera con la sua aria da gran cerimoniere ha commentato: «Quella del governo è una decisione legittima ma deprecabile perché di fatto impedisce ai deputati di esaminare gli emendamenti». L`attacco all`esecutivo somiglia alla famosa botta data alla sella perché l`asino intendesse. E l`asino, con rispetto parlando, nella circostanza era il Cavaliere. Il quale è così avvertito; attentato o no, abbracci o no, lucciconi o no, Fini continua come prima ad essere polemico con il Consiglio dei ministri e, in particolare, col presidente sul quale evidentemente non ha cambiato opinione politica: Silvio è per lui un monarca da contrastare e ridurre alla ragion democratica. Il fatto che il voto di fiducia sia stato praticato da qualsiasi governo, incluso l`ultimo di Prodi che lo trasformò in prassi consolidata, non ha indotto Fini a trattenersi dall`esprimere un parere negativo che il presidente dell`assemblea, dovendo solo applicarci regolamenti, farebbe bene a non esternare. Evidentemente in Gianfranco prevale la voglia di essere applaudito dall`opposizione sull`esigenza di evitare altri attriti con la maggioranza. In effetti egli ha ottenuto ancora una volta le ovazioni della sinistra e le critiche del suo partito; entrambe le cose gli procurano soddisfazione per motivi intuibili ma non verificabili, per ora. Molti nella coalizione si sono irritati, per esempio Sandro Bondi e Roberto Calderoli interpreti fedeli del malessere che Fini coi suoi atteggiamenti suscita nel Palazzo. Un brutto segno. Certe sortite, oltre a innervosire l`ambiente, sono la prova che i discorsi pronunciati subito dopo l`aggressione al premier, in apparenza improntati a buoni sentimenti e al proposito di rasserenare il clima, in realtà erano ispirati a pura ipocrisia. Le ostilità permangono e si annunciano nuovi scontri. Insomma non c`è requie. Da qui a gennaio ci toccherà assistere al consueto vecchio teatrino: Fini che cerca di ritardare il varo di provvedimenti ungenti e cari a Berlusconi per proseguire nell`attività di governo; la sinistra che incoraggerà il presidente della Camera a esercitare i suoi poteri ostativi; e il Consiglio dei ministri ancora più a disagio nello svolgimento dei propri compiti. Confessiamo di non essere stupiti dal rapido dietrofront dell`amico del giaguaro. Il nostro fondo di ieri terminava così: «Quando il premier rientrerà a Roma ma non troverà nei suoi paraggi gente diversa da quella che ha contribuito a conciarlo così». Facile profezia. I`idillio è già finito. E i cittadini ne trarranno le conseguenze. Berlusconi faccia altrettanto.
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