Schiaffi e spintoni, fuori dall'aula finisce in rissa

Dalla Rassegna stampa

Il "partito dell'amore" è finito con la secessione del gruppo finiano. La tensione tra ex colleghi del Pdl, a Montecitorio, è salita inarrestabile fino a sfociare nel classico del «ci vediamo fuori», con successivo scambio di schiaffi e insulti. La prima spia rossa si è accesa subito, ad inizio giornata: nel Transatlantico che cominciava a riempirsi di deputati, l'ala "lealista" del Pdl ha iniziato a soffiare sul fuoco: «La decisione di astenersi è un escamotage per nascondere che, in realtà, si sono già spaccati al loro interno: molti, infatti, avrebbero voluto votare con la maggioranza». E qualcuno comincia anche a far circolare una lista dei dissidenti all'interno dei dissidenti: due, tre, quattro... A metà giornata, Giorgio Straquadanio, uno degli ultras di Berlusconi, spiega ai giornalisti che, in base ai suoi calcoli, le defezioni all'interno dei finiani sarebbero già 10: «I quattro membri del governo, e poi Paglia, Sbaim, ....., e un altro di cui non mi ricordo il nome». Che si trattava di una forma di pressione psicologica lo si è capito molte ore dopo, quando il tabellone luminoso dell'aula avrebbe smentito questi conteggi; ma, fino ad allora, lo stratagemma ha fatto salire la tensione ai livelli di guardia.
Il primo effetto è arrivato proprio nell'emiciclo: Manlio Contento, deputato Pdl di Udine, ha deciso di sceneggiare un po' il suo intervento, leggendo, in napoletano, le intercettazioni relative alla famosa cena in casa di Verdini in cui si sarebbe discusso di pressioni sulla Corte Costituzionale per il Lodo Alfano. Il tutto per dimostrare la totale estraneità di Caliendo. Alla fine, stremato, si è seduto sul suo scranno a ricevere gli applausi del suo gruppo. Peppino Calderisi, altro deputato Pdl, però si è scagliato contro qualcuno alle spalle di Contento: «Ma che c...o applaudi tu? Che c'entri?». Calderisi intendeva rivolgersi a Souad Sbai, deputata appena passata con Fini e seduta nei banchi di FL (una vera e propria enclave, collocata tra gli scranni riservati al centrodestra).
In realtà, lo sguardo ha incrociato quello di un altro deputato, Marco Zacchera (indicato come uno dei futuri, possibili, transfughi): «Che ce l'hai con me? Ma vedi di andare... ». E, dicendo queste parole, si è allontanato, sedendosi molti banchi più in là, proprio sotto i leghisti. Ma il clou né arrivato quasi in chiusura di seduta. Benedetto della Vedova, ex radicale, poi Fi, ora con Fini, aveva appena finito la dichiarazione di voto (astensione) del neonato gruppo e rinfacciato, tra gli errori addebitabili al governo, la decisione di «respingere come clandestini gli immigrati senza neppure verificare se hanno diritto all'asilo politico». A quel punto ha preso la parola il leghista Reguzzoni che, al contrario, ha esaltato l'azione dell'esecutivo in tema di rimpatri. Aldo Di Biagio, uno dei finiani, ha commentato congiungendo le mani nel gesto «Ma cosa stai dicendo?». Marco Martinelli, fedelissimo di Berlusconi, si è alzato e gli si è avvicinato: «Cosa c'è che non va? Io ti faccio un c..o come un tarallo». «A me? Vieni un po' fuori», gli avrebbe risposto Di Biagio. E i due sono effettivamente usciti dall'aula, per ritrovarsi nel corridoio dell'anello superiore. Cosa sia realmente accaduto tra i due è difficile ricostruirlo: pare, secondo una prima versione, siano volati due schiaffi; secondo un'altra tesi addirittura un paio di cazzotti.
«Mi sono dovuto buttare su Martinelli, ma, nonostante sia più grosso di lui, ho faticato parecchio a fermarli», ha spiegato il presidente della Provincia di Frosinone, Antonello Iannarilli, amico di entrambi. I due poi sono rientrati in aula, e, soprattutto il deputato del Pdl, era ancora molto nervoso: il presidente Fini lo ha invitato a calmarsi o a uscire dall'emiciclo. Martinelli ha optato per questa seconda soluzione, ma prima di uscire, ha gridato a voce alta: «Sono delle merde!» (ovvio: i finiani).

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