Gli scandali quotidiani e l'Europa come garanzia di serietà

Dalla Rassegna stampa

Sembra che i politici italiani siano preda di un «cupio dissolvi» che ricorda il suicidio di massa dei piccoli "lemming" canadesi. Con la differenza che in quel caso sembra trattarsi di una leggenda, mentre le nostre vicende domestiche sono purtroppo tutte vere.

L'opinione pubblica non si è ancora riavuta dopo aver respirato i miasmi che si sprigionano dalla regione Lazio ed ecco che la Camera riesce a darsi ancora la zappa sui piedi. È stupefacente il rifiuto opposto nella Giunta del regolamento alla proposta del presidente Fini di introdurre una forma di controllo "esterno" e indipendente sui bilanci dei gruppi parlamentari.
L'argomento addotto riguarda l'autonomia del Parlamento, ma la verità è che a Montecitorio qualcuno ha perso un'altra occasione per dimostrare un po' di sensibilità istituzionale. Nonostante gli infiniti segnali di allarme, il muro fra i cittadini e i loro rappresentanti resta insuperabile. Tanto è vero che solo pochi o pochissimi fra i parlamentari si rendono conto di quanto sia urgente l'esigenza di maggiore trasparenza. Ci si fa scudo con un tema rispettabile (l'autonomia delle assemblee legislative) e lo si trasforma in un formalismo destinato a bloccare un'operazione verità sui conti dei partiti. Ogni commento è superfluo.

Nel frattempo a Roma si attende con impazienza che la presidente Polverini dia seguito alle sue promesse di massimo rigore. L'impressione è che la riscossa arrivi comunque in grave ritardo rispetto alla corruzione conclamata e "sistemica". Tuttavia giunti a questo punto sarebbe imperdonabile se alle parole non seguissero fatti risolutivi e non si procedesse sul serio alla pulizia emblematica annunciata dalla governatrice del Lazio.
Intanto, come si è detto, la marcia dei "lemming" procede. Capita sempre più spesso che la politica vada sui giornali quasi soltanto per notizie relative a scandali. Eppure il sistema è in via di trasformazione, sia pure in forme ancora imprevedibili. Il vincitore sarà ovviamente chi riuscirà a governare il cambiamento.

Il successo mediatico di Renzi si spiega con la capacità d'interpretare una speranza. Ma la fatica di governare è incarnata da Monti. Il messaggio del premier non è meno efficace di quello di altri personaggi che si affacciano sulla scena. Con la differenza che Monti è a Palazzo Chigi, ma non è in campo. Se lo fosse, sarebbe senza dubbio il naturale federatore di un'Italia che oggi è ansiosa di cambiare, ma non si sente rappresentata.
Berlusconi, in questa estrema stagione della sua vita politica, dimostra di aver compreso il punto anche se non sa sfuggire alle sue contraddizioni. Da un lato vorrebbe riunire i moderati, perché si rende conto che l'unica strada è quella di stare in Europa. E oggi in Italia il terreno europeo è delimitato meglio di altri dai Napolitano e dai Monti. Tuttavia dall'altro lato Berlusconi cerca come al solito facili applausi parlando contro l'Imu e il "fiscal compact" (votati dal Pdl). È chiaro che le due cose non stanno insieme e il capo dello Stato ieri lo ha ribadito senza mezze misure. Il partito europeo di domani può nascere se il Pdl - segmento italiano del partito popolare europeo - accetta la sfida della serietà e decide cosa vuole essere. Ma c'è da essere scettici.

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