Scajola chiarisca o si dimetta

Dalla Rassegna stampa

Caro ministro Scajola, noi l’abbiamo intervistata sabato scorso sul pasticcio della casa da lei acquistata nel 2004 a Roma, davanti al Colosseo, e abbiamo riportato fedelmente le sue risposte. Le ho lette con attenzione e ho colto una forte indignazione per quel che le sta accadendo.
In effetti, se è vero, come lei dice, che non sa nulla dei soldi sottobanco consegnati alle proprietarie dell’immobile, ha ragione di sentirsi vittima di una macchinazione con cui qualcuno cerca di incastrarla e di danneggiare di riflesso il governo. Però mi permetta alcune osservazioni, le stesse di molti lettori del Giornale e di molti cronisti di altre testate.
Primo. L’atto notarile di acquisto reca 600mila euro quale valore dell’appartamento, 180 metri quadrati in pieno centro. D’accordo che lei era ed è un ministro ed è normale le si riservi un trattamento di riguardo. Tuttavia, abbia pazienza, 600mila euro erano e sono una miseria per un alloggio in quella zona e in uno stabile che non sarà una reggia ma neppure una catapecchia. Mi scusi se cito una storia famigliare. Mio figlio Mattia un paio di anni orsono comprò nella Capitale un appartamento di uguale metratura, in via Cavour, dove il Colosseo non si vede neanche col cannocchiale, e lo pagò oltre un milione di euro. Escludendo che il mio erede sia scemo e tantomeno disattento al denaro (in questo mi somiglia), devo pensare che i prezzi delle case a Roma siano ben diversi da quello da lei denunciato.
È noto come l’acquirente privato tenda a denunciare meno del reale per risparmiare sulla tassa di registro. Se anche lei si è comportato così, a questo punto lo dica e buona notte. Non è bello fottere il fisco, ma diciamo che si usa. Tanto più che di solito il valore catastale è inferiore a quello di mercato. Insomma, peccato è, però veniale. Se invece insiste a dire 600mila euro temo che in pochi crederanno alla sua buona fede.
Secondo. L’architetto Angelo Zampolini ha ammesso di essersi recato per conto di Diego Anemone, costruttore - alla Deutsche Bank con 900mila euro in contanti e di averli trasformati in 80 assegni circolari onde evitare di lasciare tracce (legge antimafia). Quegli assegni guarda caso comparirebbero il giorno del rogito nel suo ufficio al ministero, e alla presenza di un funzionario della Deutsche Bank (pare), vengono consegnati alle venditrici, due sorelle di cognome Papa, che se li spartiscono. Questa almeno la loro testimonianza, nella quale aggiungono di aver incassato altri assegni bancari di conto corrente firmati da lei, cui bisogna sommare, per arrivare al totale di un milione 700mila euro, 200mila euro in contanti versati il giorno del preliminare (non registrato). E’ verosimile che lei non sapesse nulla degli assegni circolari incamerati dalle sorelle Papa nel suo studio? Mica tanto. Le parlo con franchezza. Che interesse aveva Anemone di pagare a sua insaputa oltre la metà della casa da lei comprata? Abbia pazienza, signor ministro, con tutta la buona volontà non riesco a immaginare che il costruttore (Anemone nega, ma Zampolini no) abbia disposto di coprire di denaro le sorelline per farle un dispetto. Può darsi, ma ingerire simile spiegazione equivale a mangiare un asino vivo.
Terzo. Prendo atto che lei non è neppure indagato (per ora) e quindi è assurdo accusarla di aver commesso reati come hanno fatto parecchi quotidiani apertamente antigovernativi. E in effetti io non l’accuso di nulla. Mi limito a riportare quanto fin qui risulta dall’inchiesta e a invitarla a riflettere sulle reazioni degli italiani di fronte a certi particolari, da cui è facile dedurre che qui c’è sotto qualcosa di poco chiaro, per essere gentili.
Ecco perché è urgente un suo intervento più dettagliato e, semi consente, più convincente. Altrimenti l’idea che lei l’abbia combinata grossa sarà quasi impossibile da smontare. Obietterà che l’ha già fatto nell’intervista di sabato scorso al Giornale. Le garantisco che non basta. L’opinione pubblica, fortemente scossa dai resoconti giornalistici, dalle testimonianze dell’architetto Zampolini e delle sorelle Papa (perché dovrebbero mentire, a che pro?), è ansiosa di comprendere cosa sia successo.
Un uomo politico con un incarico importante e delicato come il suo non può concedersi il lusso di arrabbiarsi e di minacciare querele a chi riassume verbali e interrogatori che mettono in dubbio la sua correttezza. Sia più deciso nel difendersi, più persuasivo. Le tocca.
Quarto. Tra una settimana circa sarà chiamato dinanzi al magistrato e dovrà rispondere in qualità di persona informata dei fatti. Non aspetterei quel giorno a fugare ogni sospetto. Lo faccia subito o finirà male. Non sono uno iettatore, si tranquillizzi, ma uno che ne ha viste tante e non fatica a indovinare che c’è dietro l’angolo.
E se non ha niente da dire oltre a ciò che ha detto, le conviene rassegnarsi. Anzi, rassegnare le dimissioni.

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