Sardegna: il Dap smentisce, il deputato Pdl Mauro Pili conferma “i boss presto a Bancali”

Le loro celle non sono ancora pronte, ma seppur da convitati di pietra i boss col 41-bis fanno paura. Dopo l’annuncio di un possibile trasferimento a Bancali di Totò Riina, il Dap non fa in tempo a smentire che il deputato Pdl Mauro Pili rincara: “Da Parma filtrano notizie sull’arrivo di Bernardo Provenzano”, attualmente ricoverato.
Altra smentita del Dap e del provveditore regionale Gianfranco De Gesu, “sebbene tardiva”, nota il deputato, che la spiega come una “retromarcia”. Con un sopralluogo nel nuovo carcere, Pili riaccende il dibattito sulle sezioni di massima sicurezza di Bancali e Uta.
“È improponibile la concentrazione nell’isola di 600 capimafia”, protesta riferendosi alle sezioni per il 41bis e a quelle riservate a detenuti in Alta sicurezza, a Tempio-Nuchis e Oristano-Massama. Una concentrazione che allarma anche il sociologo Pino Arlacchi, un tempo sostenitore dell’immunità del tessuto sociale sardo dalle infiltrazioni mafiose nel suo libro “Perché non c’è la Mafia in Sardegna”. Da Bruxelles l’eurodeputato del Pd ha lanciato un vero e proprio allarme: “Occorre fermare l’arrivo di Riina e dei mafiosi a Sassari. È una decisione dissennata che rischia di provocare un danno gravissimo all’isola”.
Alle 9.30 di ieri, come annunciato la sera precedente, Pili si presenta davanti al cancello del nuovo istituto di Bancali, completato nella parte dedicata ai reclusi ordinari. Ma non gli consentono di entrare. “Dal provveditorato regionale del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria fanno ostruzionismo”, denuncia tra una telefonata e l’altra. “È una violazione delle prerogative dei parlamentari, che in ogni momento possono visitare carceri e opere pubbliche”. Bancali è a metà,
perché il cantiere è stato consegnato al Dap ma i detenuti arriveranno solo a fine giugno. Pili chiama al telefono il guardasigilli Annamaria Cancellieri e la presidenza della Camera. E dopo un’ora di attesa e l’intervento di due uomini della Digos, mandati dal prefetto, la direttrice Patrizia Incollu gli apre i cancelli su disposizione del Dap. Incidente diplomatico chiuso. Passano venti minuti e l’esponente Pdl esce dall’istituto per descrivere le celle per i boss.
“Sono come suite con quattro celle singole, con cortile per l’aria in comune e tre sale di socializzazione, dove potranno comunicare tranquillamente tra loro. Ma non sono ancora pronte -conferma -. Sono state completate solo 16 celle per le videoconferenze”, che servono ai mafiosi per i collegamenti con gli avvocati o durante i processi.
Poi rivela l’esistenza di “una sala operatoria progettata per boss malati proprio come Provenzano, ma che non è risultata idonea per l’Asl”. A chi obietta che la Sardegna non può essere terra di conquista per organizzazioni criminali perché povera, lui ricorda: “Arlacchi ha detto che c’è il rischio di una estorsione a tappeto, e non dimentichiamoci che qui sono in ballo un miliardo di euro per la Sassari-Olbia, 500 milioni per le bonifiche a Porto Torres e gli affari attorno all’eolico. Bisogna bloccare i trasferimenti di boss”.
In serata il Dap smentirà l’arrivo dei 41 bis. Ma prima o poi qualcuno, ad occupare le 184 celle di massima sicurezza a Uta e Bancali, dovrà arrivare. Le reazioni. L’apertura delle nuove carceri (dopo Nuchis, Massa-ma e Bancali; Uta entro fine 2013) è tema legato alla pena sofferta dai detenuti stipati nelle galere italiane. Come ha ricordato Caterina Pes, esponente Pd e segretaria di presidenza della Camera. Sulle barricate anche l’Idv.
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