Saragat e Pannunzio

Dalla Rassegna stampa

Guardiamo avanti. Questo mese ricorre l'anniversario dalla nascita di Pietro Nenni. Sono trascorsi 120 anni esatti. Il leader socialista italiano, infatti, nacque a Faenza nel febbraio del 1891 e la sua storia è stata segnata da tantissimi episodi di grande rilievo, la maggior parte dei quali hanno solcato profondamente la nostra storia. Eppure, anche lui si ritrovò ad accusare e additare alcuni presunti "traditori". Perché, in politica, l'accusa di tradimento viene usata così spesso a sproposito? A volte la si utilizza per calcolo di parte o di partito, altre volte per opportunismo personale, altre ancora per fermare un avversario insidioso, in crescita o in movimento. Nei cittadini, invece, è spesso la mancanza di conoscenza che porta ad abbracciare, anche in buonafede, queste invettive o accuse. È la mancanza di memoria, di analisi politica complessiva, di accesso alle informazioni che provoca incomprensioni, confusioni, sbandamenti. È l'impossibilità di sapere da parte degli elettori, è la difficoltà che si trova nel far circolare le idee, sono i bavagli imposti dal potere dominante e trasversale che non permette di avere elementi di giudizio completi e oggettivi. Oggi, in Italia, ci sono ostacoli enormi che impediscono e intralciano la possibilità di conoscenza da parte dei cittadini. Senza informazione, discussione, dialogo, conoscenza e circolazione delle idee non vi può essere democrazia. È per questa ragione che, giustamente e comprensibilmente, i cittadini preferiscono distaccarsi dalla politica e allontanarsi da questa non-democrazia in cui ci ritroviamo a vivere. Poi, di conseguenza, c'è sempre qualcuno che grida: traditore! È la sindrome di chi continua ad andare contro la svolta di Palazzo Barberini. Nel gennaio del 1947, infatti, il socialista e democratico Giuseppe Saragat diede vita alla cosiddetta "scissione di palazzo Barberini" scatenando le dure invettive di Pietro Nenni e di Palmiro Togliatti contro questi "traditori". La scissione costò al PSIUP di Nenni la trasmigrazione di 50 parlamentari socialisti nel nuovo partito e di una folta schiera di dirigenti ed intellettuali fra cui Treves, D'Aragona e Modigliani. Nel mese di dicembre dello stesso anno, socialdemocratici e repubblicani, tramite un rimpasto governativo, entrarono nel IV Governo De Gasperi. In una coalizione centrista, a guida DC, in cui vi era anche il PLI. In questo governo, Saragat ottenne l'incarico di Vicepresidente del Consiglio dei ministri: il PSI ed il PCI, presenti nel precedente governo, finirono esclusi e all'opposizione. Era la prima volta che accadeva dalla Costituzione della Repubblica Italiana.
 
Insomma, c'è stato un periodo, nella storia della Repubblica italiana, in cui essere vicino alla politica e alle scelte di Saragat significava essere considerati dei pericolosi traditori. Si era indicati come dei "social-fascisti". Forse anche peggio che fascisti.
 
E così, il Partito Socialista dei Lavoratori Italiani, che nel 1951 divenne Partito Socialista Democratico Italiano, in seguito alla fusione con il nuovo Partito Socialista Unitario di Giuseppe Romita, si ritrovò ad essere il bersaglio preferito di tutti gli attacchi strumentali della sinistra più ideologica e fanatica. C'è stato un lungo periodo, in cui scegliere di stare con i socialdemocratici di Palazzo Barberini significava compiere un vero e proprio atto di coraggio perché si rischiava di essere aggrediti, minacciati, emarginati. Stare dalla parte di Saragat voleva dire essere disprezzati aspramente da una certa sinistra massimalista ed estremista. Chi si schierava con Saragat veniva chiamato traditore, "social-traditore" oppure, nel migliore dei casi, "rinnegato".
 
A distanza di anni, fu Bettino Craxi che, da segretario del Psi, rivalutò appieno la figura del leader socialdemocratico ammettendo che "aveva ragione Saragat". Inoltre, non va dimenticato che "Il Mondo" di Mario Pannunzio, negli anni cinquanta e sessanta, sulla scia di quanto seppe fare Saragat con la svolta di Palazzo Barberini, fu in grado di accogliere, nella stessa area culturale e sulle stesse pagine, figure diverse di idee e temperamento come Benedetto Croce e Gaetano Salvemini, Luigi Einaudi e lo stesso Saragat, Ernesto Rossi e Ignazio Silone, Guido Calogero e Piero Calamandrei, Ugo La Malfa e Riccardo Lombardi, in una coesione e in una coerenza invidiabile, secondo i principi e il metodo del dialogo o del contraddittorio.
 
Pannunzio riuscì, in altre parole, a mettere insieme, nello stesso luogo, le idee dei liberali, dei crociani, dei salveminiani, dei socialdemocratici, degli ex azionisti e dei rappresentanti della migliore tradizione laica e cattolico-liberale, cioè di tutta la cultura che "tradiva" e che contava.

© 2011 Lab Il Socialista. Tutti i diritti riservati

SEGUICI
SU
FACEBOOK