Santoro show con allarme. "Berlusconi simile al Duce". E lancia l'appello a Napolitano

Il filmato Luce di piazza Venezia, «Lo volete voi?», e subito dopo il filmato Rai di piazza del Popolo, «Volete che vinca la sinistra?». Mussolin-iBerlusconi, il Duce e il Cavaliere: cortocircuito sui megaschermi. Comincia dura, la serata. Un fascio luce illumina l’ editoriale Michele Santoro, un «SOS a Napolitano» sul «diritto e dovere di parlare», ma questo non è il controllato salotto diAnnozero, è un palasport che rumoreggia liberamente, applaude, ride, il Berlusconi sullo schermo chiede «volete essere spiati anche a casa vostra?» e seimila urlano beffardi «sììì», «volete le risse e i pollai televisivi?» e ancora «sììì», ed è così che comincia Raiperunanotte, la notte della tivù senza tivù, dei talk show cancellati, ora più show che talk, più piazza che studio.
Sugli spalti, chi è riuscito a entrare: ex girotondini attempati, grillini in trasferta, ragazzi del popolo viola in divisa, ora tutti volontari di questo esercito nuovo, i senzativù: poco folclore, rari striscioni, niente bandiere di partito, la politica dei politici è lontana, le bandiere qui sono le facce dei giornalisti e degli anchormen, Giovanni Floris, Gad Lemer, Marco Travaglio, Vauro, riconosciuti, osannati uno per uno, invocati per nome. Sono loro, stasera, inuovileaderpopolari di una battaglia ormai ingaggiata tra informazione e casta politica.
Lerner: «Forse dovremo ripensare il modo di chiamare in tivù questi politici, questa compagnia di giro bisogna che cambi». Floris, più ottimista: «Non sono d’accordo col parallelo col fascismo, manca l’ossigeno ma si può cominciare a respirare».
«Non c’è il fascismo, ma le assonanze preoccupano», prosegue Santoro. Il tono è questo, l’appello, il prima che sia troppo tardi, nessun allarme viene omesso. Travaglio racconta nei dettagli le intercettazioni di Trani che poi, più tardi, Sandro Ruotolo ripresenta recitate e sceneggiate con la docufiction del disegnini, per l’indignazione di Sandro Bondi anche lui evidentemente davanti allo schermo «Penosa tristezza». Loris Mazzetti, collaboratore di Enzo Biagi, parla dentro una gabbia di filo spinato. Il menù è più ricco di un talk show: cantano TeresaDe Sio, Elio, Venditti, sbeffeggiano Cornacchione dal vivo («Silvio non censura nessuno, vuole rimanere incensurato») e Crozza dagli schermi, ancora musica e poi le interviste filmate, Gillo Dorfles, un aspro Mario Monicelli, l’atteso Roberto Benigni che non delude la platea, e poi Daniele Luttazzi, il più censurato di tutti, per lui un’ovazione, «tranquilli, il mio monologo è approvato dalla Cei», naturalmente sarà una sorta di editoriale vietato ai minori. «Ho aspettato otto anni, ora lo dico: sono Masi e Berlusconi a fare un uso criminoso della tv».
Ufficialmente è una manifestazione sindacale sotto le bandiere Frisi e Usigrai (e il segretario del sindacato giornalisti Roberto Natale denuncia subito la «Rai vergognosa» che sta facendo strane telefonate allo staff di Santoro); in realtà è un oggetto mediatico finora ignoto, il primo comizio di chiusura di una campagna elettorale senza partiti e senza candidati, la prima trasmissione tivù self-service, chi vuole la prende e la rilancia via Internet. Il più grande streaming della storia del web in Italia? L’asticella da scavalcare sono i 90 mila contatti del V-day di Beppe Grillo, nell’antro sotterraneo lo staff elettronico si getta subito con entusiasmo alla complicata conta dei contatti. La stima finale degli utenti online supererà quota 200 mila. Ma il conto dell’audience comprenderà anche gli spettatori di una rete di quaranta emittenti miste, satelliti, etere locale, web-tv (vietata la diretta a Rainews24, ma il direttore Corradino Mineo aggira l’ostacolo inventandosi una poco-differita integrale già alle 22.30). «Non siamo il festival di Sanremo, già fare ascolti di tipo televisivo sarebbe un successo», mette le mani avanti Santoro, ma è chiaro che la posta è più alta, da sfida mediologica: dimostrare che si può fare tivù senza possedere una rete tivù, dunque che «nessun editto bulgaro sarà più possibile», promette Sandro Ruotolo, «da ora in poi la censura si può aggirare, svuotare». Sul suo cellulare trilla un sms da Pisa, «ci hanno vietato di usare la sala dello studentato ma noi ce la prendiamo lo stesso». Duecento le piazze reali collegate su maxischermo.
E questo palasport riempito da seimila spettatori autotassati (altrettanti fuori davanti al megaschermo), «un piccolo canone per la libertà di informazione: se non è amore per il servizio pubblico questo...», centotrentamila euro versati da cinquantamila sostenitori, con cui «siamo riusciti a costruire un evento decente», dodici telecamere nel parterre delle glorie di Basket City, il grande catino rovesciato sotto il quale, giusti giusti vent’anni fa, Achille Occhetto piangeva sull’eutanasia del Pci è trasformato nella versione da campo di Annozero, colori, sigla, logo, tavolo video-anatomico, l’intervista alle cassintegrate della Omsa col loro camice verde da lavoro ormai inutile. Però non è più solo televisione in esilio, è un’altra cosa che la politica non sembra capace di dare.
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