Santa alleanza per Milano?

Dalla Rassegna stampa

A Milano si sfidano un candidato molto conosciuto e poco stimato, Letizia Moratti, e uno molto stimato ma relativamente poco conosciuto, Giuliano Pisapia. Questa asimmetria è all'origine di una campagna elettorale che Silvio Berlusconi sta riuscendo a trasformare in un referendum su di sé, non sul sindaco uscente e nemmeno sul futuro della città. Questo giornale per primo ha avvertito sull'importanza della posta in gioco. I sondaggi, che non si possono diffondere ma che tutti conoscono e di cui tutti parlano, danno per certo il ballottaggio. Forse è per questo che Pisapia si è lasciato sfuggire qualche parola di troppo.

Arrivare a ipotizzare grandi alleanze (dal Terzo polo a Beppe Grillo) per il secondo turno non solo è prematuro e poco opportuno ma, probabilmente, è anche sbagliato per come funziona la logica del ballottaggio. La coalizione che sostiene Pisapia è già molto ampia, dai Radicali a Rifondazione. Il miracolo del candidato del centrosinistra è di essere riuscito a farla marciare compatta in una sola direzione. Ha dimostrato di saper fare squadra e non è poco. L'appello al "tutti contro Berlusconi", invece, obbedisce a un'altra idea di campagna elettorale, uguale e simmetrica al richiamo della foresta che il Cavaliere vuole suscitare, che ignora l'importanza di amministrare bene una città tanto importante.

Cinque anni fa la Moratti vinse con il 52 per cento al primo turno. Arrivare al ballottaggio rappresenterebbe già una sconfitta, la dimostrazione che gli elettori delusi per l'operato del sindaco superano abbondamente quelli soddisfatti. Quei cittadini torneranno alle urne il 29 e 30 maggio? E gli elettori leghisti? Il Carroccio farà già il pieno al primo turno, rubando voti agli alleati e moltiplicando per tre o per quattro il 3,7 per cento di cinque anni fa. Una conta tutta interna al centrodestra che, per la Lega, prefigura una tipica situazione win win: se la Moratti vince, il merito è degli alleati che si prenderanno come minimo il posto di vicesindaco. Se il primo cittadino uscente dovesse invece perdere, la colpa sarebbe solo sua e le conseguenze per la maggioranza sarebbero devastanti. Che senso avrebbe tenere in vita un Berlusconi sconfitto anche a casa sua?

Gli esperti di sondaggi spiegano che se il primo turno dovesse concludersi con una distanza tra Moratti e Pisapia sotto il 3-4 per cento il distacco potrebbe essere recuperabile. Ma non per questo sarebbero decisivi i consensi di Terzo polo e Movimento 5 stelle. I voti non sono vasi comunicanti. Certo, per Pisapia è decisivo parlare ai tanti moderati delusi dalla Moratti, e un accordo politico con Manfredi Palmeri è auspicabile, benché l'Udc sia divisa. Ma al ballottaggio è l'affluenza il fattore decisivo: è molto più importante riuscire a rimotivare il proprio elettorato che conquistare elettori già riluttanti. Studi del ricercatore Paolo Natale, condotti sulle regionali del 2010 a Torino e sulle provinciali di Trento, dimostrano che non più di un terzo degli elettori centristi dell'Udc sono disposti a votare il candidato del centrosinistra, anche se ufficialmente alleato. Anche inseguire un accordo a ogni costo con l'area dell'antipolitica che ha premiato il candidato di Beppe Grillo potrebbe rivelarsi un autogol. Il profilo affidabile e garantista di Pisapia ha dimostrato di essere più forte del ritratto da estremista che gli avversari cercano di cucirgli addosso. Non lo sprechi.

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