Il salotto di Vespa non salva il Cavaliere

Dalla Rassegna stampa

Chi vota a sinistra è «senza cervello». Non ce l'ha fatta a moderarsi, a sfoderare all'ultimo minuto una strategia alternativa e vincente.

O almeno un colpo di teatro per rimontare la china, come altre volte nel salotto di Porta a Porta. Berlusconi ha provato, si è sforzato, ha mimato un avvio da moderato, come forse gli avevano suggerito i sondaggisti. Ma poi ha prevalso l'istinto del Caimano. L'ingiuria come unica arma della politica. Fino a consegnarsi al più logoro dei cliché storici. Il populista che alla fine della parabola, perso il consenso, insulta il popolo.

L'ultimo assalto del Caimano è andato a vuoto. L'attesa per la trasmissione di ieri sera era grande nei quartieri generali della politica. Porta a Porta è il luogo totemico del berlusconismo, la tribuna prediletta dai tempi della discesa in campo, il set del «contratto con gli italiani», il teatro di due spettacolari rinascite del Cavaliere, nel 2001 e nel 2006. Ci si aspettava il colpo del maestro, l'invenzione destinata a rovesciare le sorti dei ballottaggi di Milano e Napoli. Ma è destino, si vede, che il berlusconismo continui a franare proprio dai luoghi più cari e simbolici, prima Milano, ora il salotto televisivo di Bruno Vespa. L'ingrato conduttore l'ha perfino contraddetto un po', l'ha interrotto ben due volte («queste cose le ha già dette prima...»), si è permesso un'ironia sulle «ventisei assoluzioni nei processi» («con qualche spintarella delle leggi approvate in Parlamento, però...»). Scena che non avremmo mai pensato di dover vedere. La lesa maestà era del resto visibile anche nella composizione dello studio, dov'era prevista addirittura la presenza di giornalisti intenzionati a fare vere domande, come Stefano Folli, Massimo Franco e Virman Cusenza, al posto dei noti figuranti complici.

Non si è sentito più a casa, il premier. Da Vespa come a Milano. E ha cominciato a straparlare. La maschera moderata è durata lo spazio dei convenevoli. Poi è partito il repertorio solito, ma in versione stanca, dimessa e sgrammaticata. Il nostro premier ha infilato una serie di anacoluti imbarazzanti anche per Scilipoti, arditi neologismi come «i processi mi hanno costato enormi difficoltà», frasi alla Totò come «Mi accusano di concussione, a me che sono la persona più gentile del mondo», maccheroniche citazioni storiche.

«La socialdemocrazia tedesca ha rinunciato al marxismo cent'anni fa con il convegno di Gotesborg». Ovvero Bad Godesberg, alle porte di Bonn, la sede del congresso storico dell'Spd (nel 1959, però), presumibilmente confusa con la svedese Goteborg delle trasferte di Champions League. Ma sono dettagli. Come sono dettagli gli altri tic della retorica berlusconiana. L'autoesaltazione sempre più fanciullesca che lo porta a paragonarsi a Leonardo da Vinci e a trovarsi come unici difetti l'eccesso di bontà, gentilezza, disponibilità, eleganza, genio, coraggio, forza, impegno, generosità, finanche remissività. Rivelando, en passant, di ricevere «duemila lettere di ammiratori al giorno», come Gloria Swanson di Viale del Tramonto, con Bondi forse nella parte dell'autista che gliele scrive. Ed è ormai un dettaglio, appena fastidioso, il vittimismo iperbolico e grottesco del primo editore italiano «bersaglio di un micidiale blocco mediatico formato dal Corriere, Sky tv, La7 e molte trasmissioni Rai». L'esasperata ricerca di alibi per la sconfitta personale, il dimezzamento delle preferenze a Milano, attribuito a «un sistema elettorale sbagliato», peccato identico a cinque anni fa. Il tentativo infelice di fare lo spiritoso sulle proprie disavventure giudiziarie: «Telefonerò per far liberare Mubarak, assumendo che è lo zio di Ruby». Il risibile rovesciamento della crisi economica nell'immagine di un paese opulento «dove si spendono dieci miliardi di euro all'anno soltanto in cosmetici», detto da uno che alza di parecchio la media pro capite di tali consumi.

Sono tutti dettagli. L'essenza del messaggio del re, «un re Mida alla rovescia», come ha insinuato perfino il novello Vespa, è che non crede nemmeno più lui a una vittoria nel ballottaggio a Milano e a Napoli. Non confida più nelle proprie titaniche possibilità di rovesciare ogni pronostico. Si sta soltanto creando una trincea per resistere più a lungo possibile al governo, circondato da una maggioranza di ricattatori e ricattati. Che poi vi riesca davvero, è da vedere. Se domenica Milano volta definitivamente le spalle al suo Berlusconi, dal giorno dopo può accadere di tutto. Dalla trasmissione di Vespa qualche segnale è già arrivato. Un attimo ancora e saremo sommersi dagli antiberlusconiani.

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