Sacconi: "Verificare il rispetto delle regole"

L’Aifa ha finito il suo lavoro ma la pillola abortiva non smette di infiammare gli animi. Con un paradosso: tutti si dicono soddisfatti del via libera, salvo poi scontrarsi sulle interpretazioni, sugli effetti e sui protocolli che dovranno individuare le modalità d’uso della Ru486 in corsia. Opposti i punti di vista: la maggioranza ribadisce il suo no all’«aborto facile», l’opposizione plaude alla possibilità anche per le italiane di abortire senza ricorrere al bisturi. Mentre il cardinale Javier Lozano Barragan, presidente emerito del Pontificio Consiglio per la pastorale della salute, rinnova l’appello «alla coscienza dei medici» invocando l’obiezione come aveva fatto ad agosto il presidente della Cei Angelo Bagnasco, guidano la linea dura il sottosegretario alla Salute, Eugenia Roccella, e il presidente dei senatori Pdl, Maurizio Gasparri, strenui oppositori dell’«aborto a domicilio». A loro avviso, la delibera Aifa «conferma la necessità del ricovero in ospedale fino a quando l’aborto non sia stato completato» e dice «un chiaro "no" ai protocolli che prevedono il day hospital». Per Gasparri, «chi canta vittoria è in malafede perché l’Aifa ha ribadito ciò che il centrodestra aveva chiesto: non andare oltre la 194». Dello stesso parere il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, secondo cui «rimane l’esigenza di monitorare il rispetto delle regole fissate». Una necessità condivisa dal ministro della Gioventù, Giorgia Meloni: «Vigileremo sulle regioni». Il viceministro della Salute, Ferruccio Fazio, sottolinea il ruolo delle Camere: «Il parere Aifa attiene alla sicurezza e alle modalità tecniche di impiego della pillola, che però possono essere integrate a seguitò di richieste del parlamento». Resta infatti in piedi l’indagine conoscitiva avviata il primo ottobre in commissione Igiene e sanità del Senato, bollata come «ridicola e strumentale» dai radicali Bruno Mellano e Igor Boni. La difende il presidente della commissione, Antonio Tomassini (Pdl): «Le modalità applicative della Ru486 vanno rapportati alla legislazione vigente e valutati dagli organi competenti». Il presidente di Farmindustria, Sergio Dompè, definisce «positiva» la decisione dell’Aifa, arrivata «al termine di un iter lungo e rigoroso». Ma è nelle file dell’opposizione che la soddisfazione è alle stelle. A cominciare dalle donne del Pd, da Livia Turco («La valutazione tecnicoscientifica ha avuto la meglio sull’ideologia») ad Anna Finocchiaro, dà Barbara Pollastrini a Debora Serracchiani, secondo cui «adesso occorre vigilare sulla puntualità delle regioni nel recepire le disposizioni». L’impressione è che le amministrazioni locali siano però già divise. Dal Piemonte (a Torino si è svolta la prima sperimentazione della Ru486) l’assessore alla Sanità, Eleonora Artesio, parla di «stabilizzazione di un sistema già ben rodato». Il collega del Friuli Venezia Giulia, Vladimir Kosic, esprime invece «preoccupazione per il messaggio che lanciamo aigiovani». L’assessore dell’Emilia Romagna, Giovanni Bissoni, componente del Cda Aifa, definisce la decisione «un atto dovuto» e difende la libertà delle singole amministrazioni di stabilire il regime di ricovero con cui somministrare la pillola, day hospital incluso. La battaglia non finisce: si sposta altrove.
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