Sì Gotti Tedeschi

Questa volta propongo due riflessioni diverse, anche perché il cervello patisce la primavera, i cambi climatici, le allergie e quant'altro. Siamo, come insegnava Pascal, tutto rispetto al nulla, ma nulla rispetto all'Infinito. Cioè estremamente limitati, anche quanto a intelligenza e razionalità. Insomma, vuoi la stagione, vuoi la stanchezza, vuoi che quello che accade in Vaticano forse sfugge persino, quanto ai dettagli, al Padre Eterno... ecco, per tutti questi motivi la mia prima riflessione, sul caso Gotti Tedeschi, zoppicherà forse ancor più della successiva.
Cosa è successo al presidente dello Ior? I giornali danno tutti la loro versione, più o meno confusa, consapevoli che si sa ben poco. Una cosa è certa; lo Ior aveva, da un po' di tempo, un presidente particolare, un banchiere anomalo: brillante, capace di intervenire efficacemente sui giornali parlando di argomenti comprensibili, stimabile e stimato da tanti, credenti o meno. Questo presidente, se ho ben capito, ha reso alla chiesa almeno un grande servizio: impedirle di invischiarsi ulteriormente in un ginepraio, quello del San Raffaele, dove solo l'ingenuità di qualcuno poteva sperare di infiltrarsi traendone vantaggi. Il San Raffaele, infatti, sarebbe stato per la Chiesa peggio di un boccone avvelenato: per tutto quello di non chiaro, che nasconde; per tutto quello di chiaro, che espone (Mancuso, Boncinelli e tutta la compagnia di atei non devoti che vi insegnano su invito del povero don Verzé).
Basterebbe questo, dunque, per dire grazie a Gotti Tedeschi per quanto ha fatto, procurandosi certamente l'inimicizia di chi sperava di trasformare le pietre in oro, senza aiuto dello Spirito Santo. Certamente, infatti, il rovinarsi di certi rapporti romani incomincia lì.
Gotti Tedeschi avrebbe potuto far leva, in un'ipotetica difesa pubblica, anche su questo. Ma ha preferito, almeno per ora, tacere. Non posso sapere se questa rimarrà la sua linea, ma immagino che la sua condotta sia dovuta all'amore per la chiesa. Ha infatti dichiarato: "Il mio amore per il Papa prevale anche sulla difesa della mia reputazione, vilmente messa in discussione". Chi ama, spesso, anche se si ritiene nel giusto, tace. Soprattutto se ha una certa stoffa. Penso a un bravo marito, o a una brava moglie: quante volte ci sarebbe spazio per recriminare, per buttare in aria il tavolo? Tacere, per il bene dell'altro, perché da una scintilla non divampi l'incendio, è segno di amore. Immagino che Gotti Tedeschi, anche di fronte al comunicato irrituale, grossolano, inutilmente violento contro di lui, taccia (o parli solo a tempo debito) per questo amore.
In un modo o nell'altro, in Vaticano, c'è di questi tempi confusione e incapacità di comprendere che la defenestrazione di una persona così stimata da tutti è un autogol non da poco. Autogol che la vecchia diplomazia vaticana non avrebbe mai compiuto, vuoi per una maggior professionalità, vuoi per la secolare saggezza della chiesa, che solitamente, conoscendo bene l'animo umano, evita i colpi di mano, le decisioni improvvise, le mosse clamorose.
Le contraddizioni radicali sull'8 per mille
La seconda riflessione riguarda 1'8 per mille alla chiesa (ché, si sa, se va allo stato che tutto inghiotte o ad altri, a nessuno fa problema). Stiamo sempre lì, nel terreno minato del denaro. L'unico per cui vediamo ancora occhi brillare ed accendersi di una parvenza di vita. Oggi puoi parlare di tutto, assistere senza vomitare alle vicende più oscene, nella vita o in tv. Se qualcuno alza un dito, per obiettare, gli si dà del moralista. Ma sui soldi, quelli liberamente donati alla chiesa, c'è sempre un Curzio Maltese qui, un Radicale là, pronto a lanciare anatemi, a ripetere slogan, a riciclare luoghi comuni di piombo spacciati per oro puro. Non temono l'ipocrisia di parlare dal pulpito offerto loro dal miliardario di turno, o da una radio che costa ogni anno ai contribuenti italiani milioni di euro, e che è, nel contempo, molto spesso, espressione rancorosa di una chiesuola nichilista (che propone l'aborto al posto del battesimo, l'eutanasia dell'estrema unzione, e la droga libera come surrogato dell'eucaristia). Ma non è di questo che vorrei parlare.
Volevo solo soffermarmi un attimo sugli spot a favore dell'8 per mille alla chiesa, di solito incentrati sulle opere di carità. E' ancora vero e risaputo che la carità è parte essenziale della vita di molti sacerdoti e religiosi, anche oggi. Ebbene, quelli che compaiono sugli spot, vestono la talare, l'abito (o sono, comunque, riconoscibili). Cosa che, nella realtà, accade sempre meno. Perché la talare? Chi ha progettato gli spot sa bene una cosa: che le persone non cercano il sacerdote solo per bisogni materiali. Lo cercano, ben di più, quando ancora vedono in lui un ministro di Dio, tramite verso di Lui. Come la divisa del poliziotto indica un servitore dello stato, così la talare indica un servitore di Cristo. I pubblicitari scommettono su questo: che trovare un sacerdote, ogni tanto, con cui parlare, come nella canzone "Azzurro" di Celentano, è un piacere e un bisogno dello spirito. Ma soltanto se sotto quella veste c'è davvero un uomo di preghiera, che non si vergogna della sua missione soprannaturale e della sua alterità.
© 2012 Il Foglio. Tutti i diritti riservati
SU