"Il sì anche in chiesa" Svolta inglese sui matrimoni gay

Dalla Rassegna stampa

Non è un matrimonio, ma è come se lo fosse. Non si chiamerà così, forse, ma avrà esattamente la stessa liturgia. Una chiesa, un coro, la marcia nuziale, un sacerdote che legge la Bibbia, gli anelli e il riso. Poi lo sposo potrà baciare lo sposo e la sposa potrà baciare la sposa. Sì chiameranno marito entrambi, oppure entrambe moglie, pari in un modo di pari, famiglia a pieno titolo, come una qualunque coppia eterosessuale, stessi diritti, stessi doveri, ma soprattutto stessi luoghi di culto.
L’Inghilterra conservatrice di David Cameron e Nick Clegg, la Big Society delle polemiche, dei tagli alle amministrazioni locali e delle università in rivolta, fa un deciso passo verso un futuro più equo - ma non per tutti più giusto - annunciando una rivoluzione considerata inaccettabile dal mondo islamico e destinata a mettere i brividi alla Chiesa cattolica apostolica romana e a spaccare a metà come una mela imprecisa il complicato cuore della Chiesa anglicana. La definizione legale di matrimonio, fondato sull’idea di un patto stipulato tra un uomo e una donna è destinata a cambiare per sempre. Immediata la reazione delle associazioni gay e lesbiche della Gran Bretagna, dove lo scorso anno le unioni civili tra coppie omosessuali sono state ventiseimila. «Per noi è un giorno storico».
Il ministro liberaledemocratico Lynne Featherstone è pronta a rivedere la legge sulle unioni civili, il Civil Partnership Act del 2004, cancellandone l’unica parte che sancisce ufficialmente una diversità, impedendo alle coppie dello stesso sesso di giurarsi amore eterno in un luogo di culto. «Non è una questione di diritti dei gay. È un fatto di libertà religiosa», ha spiegato un portavoce del governo. Nessuna chiesa sarà obbligata a benedire le coppie gay davanti all’altare, ma a nessuna sarà impedito di farlo. Alcune confessioni protestanti come i Quaccheri, gli Unitari e i rami più progressisti dell’ebraismo hanno comunicato la propria adesione alla riforma. Netto e infastidito il no della Chiesa cattolica. Papa Benedetto XVI ha condannato le relazioni gay e i matrimoni omosessuali definendoli «una distruzione del lavoro di Dio». L’ala conservatrice della Chiesa anglicana si è schierata compatta al suo fianco, spiegando, con un discorso dalla struttura medievale, che «nessuno è in grado di prevedere le conseguenze di una scelta di questo tipo, che rischia di portare confusione nella mente degli uomini e delle donne inglesi. I fratelli cattolici sono più saggi di noi?». Domanda solo apparentemente retorica, alla quale l’arcivescovo di Southwark ha risposto senza esitazioni: no. E perché non ci fossero equivoci sul suo pensiero lo ha messo per iscritto in una lettera inviata al Times. «Negare a una persone di fede la possibilità di consegnare a Dio la più importante promessa della propria esistenza è discriminatorio». Chi gli sta vicino racconta che l’arcivescovo di Southwark non ne può più di chi si diverte a spezzare la mente dei fedeli, a rovesciare loro addosso secoli e secoli di incomprensibili sofismi.
 
L’arcivescovo sostiene che la vita dovrebbe essere più lineare e semplice di così e che l’amore, quello universale, sta nel cuore di tutti. «Le coppie eterosessuali hanno il diritto di scegliere tra un matrimonio civile e uno religioso. Le coppie gay no. Se i grandi maestri e gli illuminati della storia non sono riusciti a trovare una conclusione, come possiamo trovarla noi?». Libertà. Non chiede niente più di questo. E il disomogeneo governo di uno spaventatissimo Cameron è pronto a concederla a tutti.

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