Rutelli: il premier vada a casa Sì a un governo di larghe intese

Soltanto Fidel Castro e Gheddafi hanno governato a lungo come lui. Silvio Berlusconi la smetta di «resistere, resistere, resistere» e comprenda che «l'ora di andare a casa è arrivata». Dal palco della seconda Festa dell'Api, sul colle medievale di Labro, Francesco Rutelli rilancia «con orgoglio» il Terzo polo come l'unico progetto alternativo di governo «dopo vent'anni di cantastorie». Stronca la manovra «inadeguata» e teme che i mercati finanziari subiranno «un nuovo attacco ai conti». Colpa del governo, ma anche di un «bipolarismo grippato» che ha prodotto una crisi economica e politica «terribile». Altro che meno tasse per tutti... «Berlusconi sarà ricordato come il premier che ha imposto la pressione fiscale più alta della storia». I redditi on line? «Una forma di aggressione fiscale, da regime autoritario». E la frase sull'Italia «Paese di m.»? A Rutelli ricorda Mussolini, quando disse che «gli italiani non sono impossibili da governare, ma inutili». E qui il leader dell'Api si appella ai dirigenti del Pdl perché aprano a un governo di larghe intese e al segretario, Angelino Alfano, perché la smetta con la litania dell'anticomunismo: «Sei giovane, sei promettente... Volta pagina!». Un cambio di linea l'ex sindaco di Roma chiede anche a Pier Luigi Bersani, che proprio alla festa dell'Api «si è detto consapevole di non poter andare oggi al governo». Ma allora perché, lo sfida Rutelli, «non dice con chiarezza» che il referendum per il ritorno al Mattarellum promosso da Parisi è «un atto irresponsabile, che riporta le lancette della democrazia indietro di vent'anni»? A Labro ha fatto notizia la discesa in campo dell'ex ad di Unicredit, Alessandro Profumo. Rutelli lo loda, eppure avverte: «Non esistono salvatori della Patria». Napolitano? «Guai a pensare che possa fare anche il premier e il ministro dell'Economia. Lui è il garante». Alle prossime Politiche, Udc, Fli e Api correranno al Senato con lo stesso simbolo. Rutelli lancia l'idea di una donna portavoce e dice di avere in mente anche un nome per la coalizione: «Quale? Non lo rivelo neanche sotto tortura». Applaudono i giovani della scuola di politica e scatta il nuovo inno «Un mondo in cui credere», cantato da Roby Facchinetti dei Pooh e ideato da Giancarlo Lucariello: «Riscrivo la mia vita / È possibile cambiare...» .
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