Rutelli-Pd, è strappo "scelgo altre strade"

«Se n´è gghiuto e soli ci ha lasciati», sogghignò Palmiro Togliatti quando Elio Vittorini abbandonò il Pci dopo due anni di roventi polemiche.
Meno dotato di esprit de finesse, Romano Prodi ha tradotto l´arguzia togliattiana avvertendo Francesco Rutelli che «se uno se ne va non succede niente». Ciò che ha dato all´ex sindaco di Roma, ex ministro ed ex vicepresidente del Consiglio, nel presentare ieri a Milano il suo libro sul Pd «partito mai nato», il destro per sostenere la tesi che con la nuova segreteria di Pier Luigi Bersani si riannoda il filo rosso che lega Pci, Pds, Ds e Pd. La vecchia sinistra. La ragione per cui lui, co-fondatore del Partito democratico, intende andarsene dalle spire di una presunta rinascente Orda rossa socialisteggiante per fondare una sorta di Costituente di centro, il nuovo soggetto che ci porterà fuori dal bipolarismo fallito, responsabile del preponderante populismo berlusconiano. Ma con un addio che si preannuncia lungo, laborioso e doloroso.
Rutelli, che porta con dignità il grigiore della mezza età, non merita più il nomignolo di «Cicciobello» che i non pochi avversari gli avevano affibbiato. Ma ha difficoltà a scrollarsi quello di «Zelig» o di «Froghopper», letteralmente rana saltatrice, per il numero di salti di partito che ha compiuto abilmente nella sua vita e che si dice gli abbia fatto collezionare a un certo punto persino una tessera del Partito socialdemocratico. Radicale da giovanetto, beniamino di Marco Pannella, poi verde, margheritino e democratico, lui si attribuisce - forse per difetto - solo quattro salti, in attesa del quinto verso il prossimo il Grande centro, che avrà tempi ritmati, ma certi. Lamenta che i democrat d´antàn, quelli che vengono dall´antico Pci e sordi al nuovo, i salti non glieli perdonano. Tanto che tra i pochi osservatori di maggioranza del Pd che occhieggiavano ieri nel foyer del teatro Franco Parenti di via Pier Lombardo, di cui egli rivendica la nascita come ministro dei Beni culturali, spopolava, nonostante gli inviti di Bersani al tutti insieme appassionatamente, la vignetta di Ellekappa: «Pesante rappresaglia di Rutelli», «Non se ne andrà via subito». E se se ne va, sembra naturalmente che ai bersaniani non gli guasti affatto la festa.
Ma ribalta l´accusa di saltafossi l´ex sindaco anticipatore del «Modello Roma» oggi sotto accusa, che la sinistra scelse come sfidante di Berlusconi nel 2001: «Molti nel Pd sono transitati come me per quattro partiti, il Pci, il Pds, i Ds e il Pd. Il loro problema è che non se ne sono mai accorti. Pensano di far parte sempre dello stesso partito».
Una cosa è certa oggi, se si discute della prima, prossima scissione del Pd: mai per un solo giorno nella sua vita Francesco Rutelli è stato un uomo di sinistra, fin da quando sgambettava al seguito di Pannella, quando si batteva per l´aborto e strepitava contro il Vaticano di Marcinkus o quando l´ex sinistra lo lanciava come sfidante di Berlusconi. Non lo era, né può esserlo ora, quando, in una fase di devozione cattolica, egli giudica svanito il progetto del Partito democratico.
Ne nasce un nuovo progetto semplicemente di potere? Da rana saltatrice con esperienza trentennale, se vogliamo metterla sul potere, Francesco Rutelli non può adattarsi al ruolo di una tarda riedizione dei diesse con la triste protesi parlamentare degli «indipendenti di sinistra», in un partito che egli ritiene governato non dal nuovo presunto di Bersani, ma dal vecchio di D´Alema. Né potrà accontentarsi della presidenza di una delle più importanti commissioni bicamerali, come quella che egli dovrebbe vigilare sui Servizi segreti della Repubblica.
E Massimo Cacciari, un altro «irregolare» col bollino di filosofo che denuncia il fallimento del Pd incapace di cogliere le istanze del territorio, a dargli ieri a Milano la legittimazione contro il sospetto che l´antico Cicciobello progetti solo un accrocchio centrista per preservare il suo potere. E quella di Bersani - si chiede Cacciari - la nuova grande forza originale rispetto alle trite socialdemocrazie europee? Si risponde di no e con Lorenzo Dellai, l´unico uomo di centrosinistra che in Trentino vince davvero al Nord, pensa che il paese ha bisogno di un nuovo grande soggetto politico, non di un ennesimo piccolo partito.
Con chi? Pierferdinando Casini con l´Udc ha estremo bisogno di liberarsi dal tallone del suocero Franco Caltagirone, il deus ex machina della finanza e degli appalti. E Rutelli della sua fama di rana saltatrice. Ma questo basterà per mettere insieme il nuovo soggetto?
Soccorre a Milano il filosofo Cacciari: il Pd di Bersani dichiara di voler preservare le radici, ma se tutti restano abbarbicati alle radici, non ci sono frutti, non si progetta più, non si va da nessuna parte, dopo la sequela di «suicidi comunicativi» che hanno ucciso il centrosinistra dai tempi di Prodi. Soprattutto se non si crea una nuova grande forza originale, che purtroppo non è, secondo Cacciari, il Pd di Bersani.
Sarà lenta la dipartita rutelliana dal Pd. Con una sola certezza: la fine dei tre lustri botanici. Quercia, Ulivo, Margherita, girasoli vari.
Basta. Non è più tempo di botanica. Il nome del partito di Rutelli non sarà botanico. Senza por limiti alla fantasia politica, sarà semmai il pdi, il partito degli «irregolari».
© 2009 Radicali italiani. Tutti i diritti riservati
SU
- Login to post comments