Rutelli non sa che cosa fare. Ma sa che deve partire

Dalla Rassegna stampa

 

Francesco Rutelli è un fenomeno anomalo della politica italiana: non è un trasformista anche se si è trasformato da radicale mangiapreti in cattolico ortodosso (Paola Binetti deve a lui il suo imprevedibile traghettamento nella sinistra italiana) o da leader verde coerente intransigente antagonista del nucleare che fu in ambientalista coerente prudente sostenitore del nucleare che sarà, né un voltagabbana anche se ha cambiato quattro bandiere partitiche. A differenza dei trasformisti e dei voltagabbana (che cambiano maschera per mantenere quello che hanno) Rutelli non ha mai ceduto alla tentazione della sussistenza politica. Ogni volta che ha compiuto una svolta ha investito su se stesso, e sul patrimonio politico che aveva accumulato. E ogni volta -tranne l`ultima, a Roma- ne è uscito rafforzato. Un po` come quei capitani d`industria che invece di concedersi lussi e capricci approfittando della buona sorte, impegnano ogni lira che guadagnano nello sviluppo dell`azienda familiare: se le cose girano storto cambi il prodotto, delocalizzi l`azienda, emetti bond, insomma fai tutto e il contrario di tutto pur di restare sul mercato, perché questa è la tua natura e non spendere le tuoi doti sarebbe il vero gesto trasformista e opportunista. Quando alla fine degli anni Ottanta Rutelli annunciò la sua uscita dal mondo radicale lo fece, come oggi fa col Pd, senza sbattere la porta: semplicemente comunicò la sua convinzione che la cultura radicale era irrimediabilmente minoritaria nel nostro paese, e non avrebbe mai varcato quella soglia del 3 per cento, punto più punto meno, che Pannella sbagliava a considerare la piattaforma di lancio per l`alternativa liberale e libertaria. . L`Italia era fatta in un certo modo, cambiarla era velleitario. Poteva essere per lui l`inizio di una lunga traversata nel deserto ma non fu così. Dopo pochi mesi di lavoro subacqueo nel mondo ambientalista, Rutelli diviene leader dei Verdi, cioè di un movimento composto da militanti che avevano tutt`altro e spesso opposto pedigree politico rispetto al suo. E poi, passano pochi altri mesi, viene candidato dalla sinistra alle comunali di Roma contro l`astro emergente della destra, Fini, vince e fa il sindaco negli anni cruciali della preparazione e dello svolgimento del Giubileo. Salda il rapporto col Vaticano e col mondo economico, gli si aprono le autostrade della grande politica. Il resto, la candidatura a premier, la Margherita a forte connotazione cattolica, la vicepresidenza del consiglio, la fondazione del Pd, è storia nota e notevole, fino al passo falso della ricandidatura a sindaco di Roma l`anno scorso. Ora Rutelli ricomincia il suo cammino. Con un divorzio dal partito, il Pd, che ha contribuito a fondare, come vent`anni prima sciolse il suo legame da un partito, il Pr, di cui era stato segretario. E’ inutile chiedergli, come ha fatto ieri Pierluigi Battista sul Corriere, cosa intenda fare e a quale soluzione politica intenda arrivare. Rutelli non lo sa con precisione. Sa che deve partire, non dove arrivare. Sa, ora come allora, che per lui è arrivato il momento di sciogliere gli ormeggi da una piattaforma politica che ha in limite intrinseco. Come i radicali non avrebbero superato il 3 per cento (e tranne un`effimera stagione così è stato) il Pd, dopo la svolta di Pierluigi Bersani, secondo Rutelli non potrà superare la soglia storica che impedisce alla sinistra italiana di governare. E allora, con un Pdl a rischio di implosione, dove ogni dissenso si trasforma in minaccia di scissione, dal Veneto di Giancarlo Galan alla Sicilia di Gianfranco Micciché fino all`empireo di Giulio Tremonti e con una sinistra che con Bersani torna alle sue origini e si avvia a una evoluzione socialdemocratica, la scommessa di Rutelli appare più chiara. La politica italiana non tornerà al `92, il Pd non sarà l`erede del Pci, né il nuovo centro di Pier Ferdinando Casini e Rutelli e di chi altri resusciterà lo scudocrociato, ma il dilemma di cosa sarà domani il Pdl e di chi occuperà, dopo Berlusconi, lo spazio che fu della Dc e del. pentapartito è, secondo Rutelli, tutto da sciogliere.

 

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