RU486 un mese dopo, pochi ricoveri e la metà delle Regioni resta al palo

Dalla Rassegna stampa

 

Quasi mille confezioni di Ru486 consegnate in meno di un mese agli ospedali italiani. Il bilancio di aprile della diffusione della pillola abortiva rimanda ancora una volta l’immagine di un’Italia divisa in due dal punto di vista sanitario: da una parte il centro nord dove il farmaco sta entrando nella pratica quotidiana di molte ginecologie, dall’altra il sud, ancora fermo quasi ovunque a scrivere linee guida. Le differenze tra le Regioni appaiono così più di carattere organizzativo che politico.
In mezzo c’è il Lazio, da dove non sono arrivate nemmeno richieste di informazioni al distributore italiano, la Nordic Pharma. Nella regione governata da Renata Polverini è tutto fermo. Il tema dell’obbligo di ricovero, su cui tanti scontri si sono combattuti tra favorevoli e contrari all’ingresso del farmaco nel nostro sistema sanitario, sembra superato dalla pratica: quasi tutte le donne dopo aver preso la Ru486 firmano per tornare a casa. Secondo stime non ufficiali, dal 7 aprile, quando è stata consegnata la prima pillola abortiva a Bari, ad oggi le pazienti sono state 350.
Nessuno può costringere le donne a restare ricoverate in ospedale contro la loro volontà. Non può farlo la presa di posizione del Consiglio superiore di sanità, che ha indicato la permanenza in corsia come obbligatoria, e nemmeno quelle sulla stessa linea della maggior parte delle Regioni. Le cose dunque non verranno cambiate nemmeno dalla Commissione creata dal ministero alla Sanità per scrivere le ennesime
linee guida in favore del ricovero. Presto lo stesso organismo, incaricato anche del monitoraggio di quanto avviene nelle Regioni, dovrebbe avviare una serie di controlli nelle ginecologie.
Troverà poche pazienti ricoverate. A Torino, ad esempio, solo 2 donne su 27 hanno trascorso tre giorni in ospedale dopo la somministrazione.
I Radicali hanno fatto notare nei giorni scorsi il silenzio della Regione Lazio: «Nessun ospedale del nostro territorio ha indicazioni rispetto all’utilizzo della Ru486». Altre sette Regioni - Calabria, Basilicata, Campania, Sicilia, Sardegna, Marche e Umbria - non hanno ancora ordinato il farmaco ma si sono comunque fatte quasi tutte vive con il distributore per avere informazioni sulla consegna. Nel Lazio sembrerebbe esserci una situazione di stallo. La Regione ha fatto delle linee guida ma non sono state comunicate agli ospedali: «Non sappiamo neanche cosa rispondere alle pazienti, che fanno domande. A me sembra una cosa assurda. Credo che debbano anche essere i primari a muoversi», dice Mirella Parachini, ginecologa di area Radicale del San Filippo Neri di Roma e presidente della Fiapac, Federazione internazionale degli operatori di aborto e contraccezione.
Dove comandano i governatori che più apertamente e duramente hanno attaccato la pillola, Cota e Zaia, sono già state fatte le prime somministrazioni del farmaco. In Piemonte ne sono già state ordinate 80 confezioni, in Veneto 50. La Regione leader è una di quelle che già distribuiva la Ru486 da qualche anno, in base alla legge sull’acquisto all’estero dei farmaci. Si tratta della Toscana che ha ordinato all’incirca 300 scatole, una scorta che dovrebbe durare alcuni mesi. Al distributore risultano essere addirittura 500, cioè circa la metà di tutte le richieste del nostro paese, ma probabilmente c’è stato un errore di comunicazione: un ordine di 300 compresse (cioè 100 scatole) è stato scambiato per uno di 300 confezioni. Seconda come numero di richieste è la Lombardia, a 160. L’Emilia, una delle poche Regioni a somministrare la pillola in day hospital, è a 50 ordini. Lo stesso numero della Puglia, l’unica realtà del sud dove è disponibile la Ru486. Per questo il policlinico di Bari viene contattato da mezza Italia. «Ho visto donne di Roma, Catania, Latina, Campobasso, oltre che di Lecce e Brindisi», spiega il primario Sergio Blasi. L’ospedale ha dovuto creare una linea telefonica dedicata per rispondere alle domande di chi vorrebbe prendere la pillola e vive lontano dal capoluogo pugliese. Si è già creata una lista d’attesa

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