Ru486, il Senato blocca la pillola

Dalla Rassegna stampa

Il Senato blocca l’avvio della somministrazione negli ospedali della pillola abortiva. A deciderlo sono stati Pdl e Lega che in commissione Sanità, a conclusione dell’indagine conoscitiva voluta dalla maggioranza sulla Ru486, hanno votato una relazione in cui si chiede al governo di esprimere un parere sulla compatibilità tra la pillola e la legge 194 sull’aborto. Parere che, per la maggioranza, sarebbe stato richiesto dall’Emea, l’Agenzia europea per il farmaco, e senza il quale non sarebbe possibile commercializzare il farmaco nonostante il via libera già dato a ottobre dall’Alfa. «Una procedura regolare», per il ministro del Welfare Maurizio Sacconi, per il quale la commercializzazione potrà avvenire dopo una nuova delibera dell’Aifa che tenga conto del parere espresso nel frattempo dall’esecutivo. Insorge l’opposizione. Per il presidente dei senatori dell’Idv, Felice Bellisario, si tratta di «un autentico colpo di mano» mentre il Pd parla di una «scandalosa perdita di tempo». «Quelle della maggioranza e del governo sono solo chiacchiere, ci dicano una volta per tutte cosa vogliono fare», ha detto la capogruppo Anna Finocchiaro. In effetti il tentativo della maggioranza e governo è quello di ritardare il più possibile il momento in cui nelle strutture sanitarie pubbliche si potrà effettuare, oltre all’aborto chirurgico, anche quello farmacologico. Già oggi i governo potrebbe esprimere il parere richiesto dalla commissione di palazzo Madama (ma i tempi potrebbero slittare di una settimana) e in cui verrà affrontato il vero punto cruciale della questione. Vale a dire se rendere o meno obbligatorio il ricovero in ospedale della donna che chiederà di fare ricorso alla Ru486. Per il governo non ci sono dubbi: il ricovero dovrà essere obbligatorio anche se, spiega il sottosegretario al Welfare Eugenia Roccella, «non si potrà imporre alla donna di restare in ospedale durante l’aborto farmacologico». «Il problema - prosegue Roccella - è assicurare alle donne il massimo di garanzia sanitaria, informandole sui rischi che potrebbero correre. Il parere farà chiarezza per evitare qualunque dubbio interpretativo: ribadirà quindi la necessità del ricovero e il ‘no’ al regime di day hospital». La necessità di sottolineare l’obbligo del ricovero in realtà sembra essere più politica che altro. La legge già prevede infatti che nessuno possa essere trattenuto in ospedale senza la sua volontà, e quindi neanche le donne che in futuro si sottoporranno all’aborto farmacologico. Che potranno, dopo l’assunzione della prima pillola, firmare per essere dimesse e ripresentarsi in seguito per assumere la seconda pillola. Insistendo su questo punto governo e maggioranza puntano a ottenere un duplice scopo: tranquillizzare l’elettorato cattolico e tentare, allo stesso tempo, di scoraggiare tra le donne l’uso della Ru486. Un punto che però non sembra creare tanti problemi neanche al Pd, visto che in un documento presentato in commissione Sanità (ma non sottoposto al voto) si chiedeva al governo di impegnarsi, tra l’altro, anche a garantire, nella linee guida della legge, «lo svolgimento della procedura in regime di ricovero ordinario». Una volta che il governo si sarà espresso, la palla tornerà all’Aifa, che con una nuova delibera dovrà stabilire il protocollo di somministrazione della pillola abortiva e provvedere alla sua pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale. Solo allora la commercializzazione della Ru496 potrà diventare definitivamente operativa, anche se in maniera diversa da come avviene nel resto d’Europa dove il ricovero non è previsto. «La maggioranza oggi ha confermato l’uso improprio delle istituzioni piegando le stesse alle priorità politiche e ai richiami delle gerarchie cattoliche», ha commentato Donatella Poretti, radicale nelle liste del Pd che non ha firmato il documento presentato dal partito. «Un atto medico - ha proseguito la segretaria della commissione Sanità del Senato - non può che essere organizzato e gestito dai medici a seconda delel condizioni cliniche e sanitarie delle donne, mentre l’organizzazione spetta più in generale alla conferenza Stato-Regioni». Per Anna Finocchiaro, invece, «l’unico scopo della maggioranza era di bloccare l’iter tecnico-scientifico di un organo tecnico come l’Aifa. Bisogna ribadire - ha detto la capogruppo del Pd al Senato - che la storia della libera distribuzione della pillola e dell’aborto fai-da-te è assolutamente falsa». L’ex ministro della Sanità Livia Turco ha parlato invece di «furia oscurantista della maggioranza che blocca la commercializzabile di un medicinale già utilizzato da milioni di donne, da molti anni».

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