Ru486, dall'Aifa il via libera definitivo

Dalla Rassegna stampa

Via libera definitivo dell’Agenzia italiana dei farmaco all’uso negli ospedali della pillola Ru486. La decisione, scontata, l’ha presa ieri il consiglio di amministrazione dell’Aifa che ha anche dato incarico al direttore generale Guido Rasi di provvedere alla pubblicazione in Gazzetta ufficiale dell’autorizzazione alla commercializzazione del farmaco e alla stesura della linee guida con il protocollo del suo impiego. Un passaggio, spiega l’Aifa, che «pone finalmente fine al possibile utilizzo improprio (della pillola, ndr) e sgombra il campo da qualsiasi possibile interpretazione di banalizzazione dell’aborto e del suo impiego come metodo contraccettivo». La pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale dovrà avvenire entro un mese da ieri. A partire al massimo dal prossimo 19 novembre, dunque, anche negli ospedali italiani si potrà eseguire l’aborto farmacologico (entro la settima settimana) e non solo quello chirurgico, come del resto già avviene negli altri paesi d’Europa (a eccezione dell’Irlanda). Quello dell’allineamento all’Unione - con l’obbligo del mutuo riconoscimento dei farmaci commercializzati - era il principale motivo che rendeva certo il via libera dell’Aifa. Viceversa resta tutta aperta la questione più importante, riguardante il tipo di protocollo che gli ospedali dovranno seguire perla somministrazione della pillola abortiva. Su un punto tutti, maggioranza e opposizione, sono d’accordo: le procedure dovranno seguire quanto previsto dalla legge 194 sull’aborto, il che significa garantire alle donne che vogliono interrompere la gravidanza l’assistenza della strutture sanitarie pubbliche. Se però la paziente dovrà essere ricoverata o meno, e soprattutto per quanto tempo, è la questione su cui lo scontro è aperto. La maggioranza chiede all’Aifa di non pronunciarsi prima chela speciale commissione parlamentare voluta dal centrodestra per fermare o comunque limitare l’applicazione della pillola finisca i suoi lavori. E comunque preme perché alla fine il ricovero della donna che vuole abortire risulti obbligatorio. Lo dice chiaramente il sottosegretario alla Salute Eugenia Roccella, per la quale la 194 «rende impossibile l’aborto a domicilio». «Ci può essere compatibilità fra la normativa italiana e la Ru486 - ha sottolineato ieri il sottosegretario - solo se l’intera procedura abortiva viene praticata in una struttura pubblica, con le garanzie sanitarie offerta dalla permanenza in ospedale». In realtà il governo punta a rendere estremamente difficoltoso il ricorso all’aborto farmacologico imponendo il ricovero obbligatorio per tutta la durata del trattamento, fino all’espulsione del feto. Imposizione che non esiste negli altri Paesi europei, dove alle donne viene garantito il ritorno a casa dopo la somministrazione della prima delle tre pillole che compongono il trattamento. La stessa Aifa, del resto, il 30 luglio scorso aveva usato una formulazione più aperta, parlando delle necessità di «garantire» il ricovero in una struttura ospedaliera, senza però far riferimento a nessun obbligo. Una formulazione che trova d’accordo la radicale del Pd Donatella Poretti «Garantire il ricovero non vuol dire obbligo di trattenere la donna - ha spiegato la senatrice - ed è la formulazione che a sua volta garantisce sia il rispetto della legge 194 sia il dettato costituzionale». Come era prevedibile, il via libera dell’Aifa ha scatenato le reazioni di maggioranza e opposizione. Il ministro del Welfare Maurizio Sacconi, pur definendo corretta la decisione dell’Aifa, ha spiegato di voler monitorare l’uso della pillola, minacciando di mettere mano alla legge 194. «L’esigenza del monitoraggio ha detto il ministro - è dovuta perché qualora dovesse rilevarsi una diffusa elusione delle regole di somministrazione, è evidente che dovrebbe porsi il problema di come garantire l’effettività della legge 194». Soddisfazione invece da parte di Livia Turco: «Nonostante i tentativi degli esponenti della destra e del governo di bloccar la commercializzazione della pillola - ha detto l’esponente del Pd - alla fine ha avuto la meglio la valutazione tecnicoscientifica sull’ideologia».

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