La rosa te la do in un pugno

Prosegue Capezzone. È l’intercalare tipico delle note d’agenzia. Lo abbiamo preso, stretto fra i trattini, dai comunicati di cui Daniele Capezzone, il portavoce del Pdl, è prodigo per proseguire, appunto, di reiterazione in precisazione. Per giungere a convinzione. E prosegue sempre Capezzone. È un’arte, questa, imparata nella sua prima età da leader radicale. L’imprinting di questo singolare politico, tanto educato quanto irriducibile, è infatti svelato nell’inesorabile logorrea di marchio pannelliano su cui ha innestato il suo tratto di rinnegato. S’è lasciato alle spalle la militanza radicale, ma si capisce che se fosse andato a sinistra, lisciando il pelo per il verso giusto, nessuno lo avrebbe crocifisso, come gli capita dal 2008, data del suo passaggio a Forza Italia, col legno del rinfaccio e quello dell’incoerenza. Rinnegato, dunque. E prosegue Capezzone a fare il suo mestiere caricandosi di tutte le ingiurie conseguenti al suo coraggio. Già alfiere della libera ricerca scientifica, si ritrova a fare il portavoce di un partito sensibile solo ai dettati della Chiesa, ed è un rinnegato perché, già impegnato nella battaglia in difesa dei diritti civili, si ritrova al fianco della retroguardia, sempre che le categorie del Novecento abbiano ancora senso nell’Italia dell’anarchia obbligata. Ed è perciò che prosegue Capezzone: rinnegato e bastonato. Così come gli è capitato per strada, davanti alla sede del suo partito. Colpito da un pugno. Con grande soddisfazione dei suoi detrattori. I prosecutori di un antico odio: quello della guerra civile. Ma prosegue sempre Capezzone.
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