Roma, crisi nella comunità ebraica, undici dimissionari, si torna al voto

Dalla Rassegna stampa

Crisi nella comunità ebraica romana. Nove dei ventotto consiglieri nelle ultime tre settimane si sono dimessi, altri due avevano lasciato l'incarico per motivi personali nei mesi precedenti, e così si va verso nuove elezioni. Degli undici dimissionari uno, Roberto Coen, aveva lasciato due giorni prima della vísita del Papa in polemica con il presidente Riccardo Pacifici, unìaltra, Claudia Fellus, all'indomani, non condividendo la scelta di ospitare Benedetto XVI dopo le polemiche sulla beatificazione di Pio XII. «Anche in quella occasione fu esautorata la commissione politica, ma è soltanto uno degli episodi di gestione verticistica della comunità da parte del presidente» dice la Fellus che, come gli altri otto ultimi dimissionari, fa parte del gruppo "Per i giovani insieme". In una lettera diffusa all'interno del consiglio e firmata da Ugo Di Nola, altro dimissionario, è scritto: «Non mi risulta che il nostro presidente sia intervenuto per assicurare libertà di espressione agli oppositori della visita papale». Il successo della visita di papa Ratzinger al tempio maggiore della Capitale il 17 gennaio scorso non ha fermato la crisi che già serpeggiava.
Il regolamento della comunità prevede nuove elezioni nel caso di dimissioni di un terzo dei 28 consiglieri, ed è questo lo scenario che si profila per la più antica e più grande comunità ebraica italiana. «È stata una decisione sofferta - dice ancora Fellus, alla quarta consiliatura - dove ognuno di noi, ragionando per conto proprio, è giunto alla stessa conclusione. In consiglio non si teneva nessuna discussione, troppo spesso ci siamo ritrovati davanti a decisioni prese senza consultarci». Pacifici era stata criticato anche per la partecipazione a una cena elettorale pro RenataPolverini, «salvo poi dire - secondo un consigliere che chiede l'anonimato - che il presidente e i membri della giunta non devono presenziare a incontri di candidati sotto elezioni». Pacifici risponde che «l'opposizione non ha costruito la sua azione su base democratica, ma è stata guidata dal personalismo, dall'invidia e dalla calunnia. L'imminente elezione all'Unione delle comunità ebraiche italiane, tra ottobre e novembre, ha dato il coraggio a questi signori di fare questa ultima azione di forza». La vicenda rischia di finire in tribunale: il presidente ha già consegnato ai suoi avvocati delle carte firmate da alcuni dei dimissionari. Di Nola nella sua lettera parla di «deficit di democrazia», e di una comunità che «si è sempre più trasformata da centro di erogazione di servizi agli iscritti in centrale di distribuzione di favori. Pur di legare al proprio carro quante più persone possibile si passa sopra a evidenti conflitti d'interesse». «Noi non ci ripresenteremo alle elezioni: una parte della comunità non sarà più rappresentata» conclude Fellus.
Le sue dimissioni sono state respinte, come da prassi, dallo stesso consiglio, ma lei e Coen le hanno già confermate. Gli altri sei attendono questo passaggio formale per renderle esecutive, poi si tornerà alle urne.

 

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