Rivedere il trattato con la Libia affinché sia in linea con gli obblighi internazionali dell’Italia, tra cui il diritto d’asilo e il diritto alla vita.

Un trionfo. Così deve aver vissuto il pomeriggio di ieri alla camera Matteo Mecacci, fiorentino, classe 1975, radicale che più radicale non si può dal lontano 1998, nemico irriducibile di Gheddafi e del trattato di amicizia italo-libico stipulato da Silvio Berlusconi nel 2008, autore dell’emendamento che ha avviato il calvario del governo, andato in minoranza per ben tre volte. Per combattere quel trattato Mecacci, fin dall’inizio, non aveva risparmiato energie: ostruzionismo, dichiarazioni di fuoco, interrogazioni e interviste, persino una sorta di appello al papa: «Speriamo che il Vaticano faccia quello che lo Stato italiano non fa: pressione su Gheddafi per il rispetto dei diritti umani». E attacchi al partito, il Pd, che lo ha eletto deputato. «Il trattato è stato scritto per l’Enfi e dall’Eni, industria che detta la nostra politica estera da sempre», tuonò su Liberazione nel maggio dell’anno scorso, tirando in ballo anche «la vicenda Mattei» che ha studiato sui libri di scuola. Ieri, la vittoria. Piena, vistosa, andata a segno. Col Fli che ha colto l’occasione piantare una banrderilla nel fianco del governo. C’è da scommettere che la soddisfazione di Mecacci sarà andata oltre il dato politico e avrà riguardato anche il merito dell’evento. Perché il deputato radicale ha portato in parlamento tutte le tradizionali battaglie radicali, che conduce da solo o insieme agli altri suoi compagni eletti nel Pd: dalla tutela degli omosessuali perseguitati in Senegal alle questioni del servizio pubblico televisivo, alla laicità della repubblica, all’eutanasia, all’abolizione della designazione di tre componenti del consiglio di amministrazione del Fondo edifici di culto da parte della Cei. Nel suo sito internet, insolitamente privo di qualsiasi riferimento alla vita privata e al curriculum, campeggiano foto con il Dalai Lama in occasione della visita di quesst’ultimo alla camera. Mecacci è infatti presidente dell’intergruppo parlamentare per il Tibet, nonché relatore della Commissione democrazia, diritti umani e questioni umanitarie dell’Osce.
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