Risposte per il Tibet

Nella giornata che celebra la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, un’iniziativa merita attenzione particolare. Si tratta del convegno internazionale organizzato a Torino, dall’Associazione nazionale Comuni, Province e Regioni per il Tibet. Già nel titolo il senso dell’iniziativa: “Tibet: Autonomia vs Indipendenza”, la via di mezzo del dalai lama e il memorandum del governo tibetano: una soluzione nonviolenta e federalista per Tibet e Cina. Con la partecipazione di esperti e di interlocutori diretti, il convegno è un tentativo non solo di far conoscere la proposta tibetana ma anche di valorizzarla, di avvalorarla, di garantirne veridicità e concretezza. Da decenni il dalai lama propone, come possibile soluzione politica per il “Tetto del Mondo”, la “via di mezzo”, cioè il riconoscimento di una genuina autonomia regionale, che permetta la salvaguardia della lingua, della cultura, delle tradizioni, della religione, del territorio del Tibet. Una storia millenaria che dal 1959 si confronta con la conquista militare e il dominio ferreo del regime di Pechino: molti tentativi di dialogo sono stati unilateralmente prospettati, ma senza risultati. Dal 2002 al 2008 si sono svolte infruttuose trattative semi segrete fra gli inviati Kelsang Gyatsen e Lody Gyari e i delegati cinesi; dopo le Olimpiadi di Pechino e le manifestazioni dentro e fuori del Tibet occupato, si è registrata una brusca interruzione, con l’esplicita accusa cinese che i tibetani parlino di autonomia ma lavorino subdolamente per l’indipendenza. La Cina continua ad accusare lo stesso Tenzin Gyatso, XIV dalai lama, premio Nobel per la Pace nel 1989 e leader mondiale della nonviolenza, di essere un pericoloso terrorista separatista e secessionista. Ora i leader tibetani hanno deciso di cambiare strategia, e su questo hanno bisogno di aiuto: un anno fa hanno finalmente redatto e reso pubblico un documento di sintesi della loro proposta di dialogo e di confronto con le autorità cinesi. Si tratta del “Memorandum sulla effettiva autonomia per il Tibet”. Su questa traccia Marco Pannella e il Partito radicale nonviolento hanno lanciato un’iniziativa volta a conquistare verità e conoscenza sulle reali richieste tibetane. Il Satyagraha radicale mira a evidenziare come la scelta autonomistica e federalista del dalai lama sia la vera proposta a cui Pechino si rifiuta di dare risposta e che questa soluzione sarebbe opportuna anche per le altre 55 minoranze etniche ufficialmente riconosciute in Cina, a cominciare dagli uiguri di Rebiya Kadeer. Forse per questo Pechino ne ha miope paura? A Roma, il dalai lama ha voluto ricordare l’impegno di Pannella e dei Radicali a suo sostegno e citare il modello delle province autonome di Bolzano e Trento per dare forma e sostanza alle stesse previsioni costituzionali della Repubblica Popolare, che a parole chiama Tar, Tibetan Autonomous Region, una parte del Tibet storico. A Torino gli enti locali rilanciano il progetto dell’autonomia. Per un Tibet libero in una Cina libera.
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