Rileggere Pasolini, pensare liberale

Dalla Rassegna stampa

La politica riesce a essere liberale quando sa infondere reciprocità. La politica liberale è soprattutto un luogo di dialogo, di attenzione reciproca, di interdipendenza, di contraddittorio, di scambio di idee e di libertà. È per questa ragione che l’articolo di Mario Lavia, intitolato «Quei contraddittori gruppi politici», merita di essere recuperato e letto. Merita attenzione e dialogo. Perché qualsiasi tipo di interlocuzione ha bisogno di reciprocità. Del resto, bisogna ammetterlo, il giornale Europa rappresenta, nell’attuale realtà anti-politica italiana, un importante luogo di interlocuzione "altra", di alterità. Intesa in senso pasoliniano. Europa, più che un luogo d’informazione giornalistica, è uno spazio di conoscenza. È uno spazio dove alla connotazione senz’altro "democratica" del quotidiano si unisce il metodo e lo spirito liberale. Lavia, infatti, nel suo articolo, apre al contraddittorio, offre riflessioni da osservatore esterno dei Radicali, fa riferimento alle probabili prospettive elettorali che il Pd ha davanti a sé, anche rispetto agli alleati o alla futura proposta di governo. Davanti al Pd ci sono diverse strade, alcune caldeggiate, altre osteggiate: c’è la strada del Nuovo Ulivo, quella di un alleanza dei Progressisti, quella maggioritaria e veltroniana, quella dell’Unione e via dicendo. In questo quadro, Mario Lavia cerca da tempo di ragionare sul ruolo e sull’importanza dei Radicali, cioè di quello strano "intellettuale collettivo" di cui sono parte anche Marco Pannella ed Emma Bonino. L’articolo in questione, inoltre, ha il merito di addentrarsi nelle ragioni o nei torti del dibattito congressuale che ha caratterizzato l’assemblea annuale di Radicali italiani. Ma una premessa è necessaria: la linea politica liberale e democratica da me più volte indicata come possibilità di apertura verso un cambiamento profondo, comincia ad essere una prospettiva apprezzata e sostenuta anche da un consistente gruppo di compagni radicali e dal segretario Mario Staderini, che l’ha più volte ripresa confermando così la validità e la forza politica di questa mia visione. Ancora tutta da approfondire, ma chiara. Insomma, il congresso di Radicali italiani ha cominciato a imprimere un orma liberale e democratica nella direzione indicata dal sottoscritto. Inoltre, l’anniversario della scomparsa violenta di Pier Paolo Pasolini ha, in qualche modo, accentuato la sensazione che la voce e le parole del poeta di Casarsa aleggiassero, ancor più delle altre volte, nei lavori del congresso di Radicali italiani a Chianciano. In alcuni momenti, quella di Pasolini è stata una presenza evocata in modo esplicito; in altri momenti, è sembrato che lo scrittore "corsaro" fosse divenuto, comunque, un riferimento ineludibile per chiunque volesse tentare di capire o di spiegare la situazione in cui si trova oggi il nostro paese. In Lettere luterane, del 1975, si legge: «L’Italia di oggi è distrutta esattamente come l’Italia del 1945. Anzi, certamente la distruzione è ancora più grave, perché non ci troviamo tra macerie, sia pur strazianti, di case e monumenti, ma tra macerie di "valori"». Se dovessi sintetizzare il senso e la discussione del congresso di Chianciano, userei proprio queste parole di Pasolini. E le utilizzerei anche per descrivere l’azione non-violenta di Marco Pannella, intrapresa per scongiurare l’esecuzione della condanna a morte nei confronti di Tareq Aziz. Ed è soprattutto su questo aspetto che si sono giustamente concentrate le attenzioni del congresso. Perché vi era e vi è un urgenza. Subito dopo, però, è forse utile ricordare, da queste colonne, anche la discussione politica interna ai Radicali che la mia idea di una Costituente liberale e democratica ha contribuito a smuovere e determinare. Si tratta di un’idea che si rivolge innanzitutto al Pd, con la consapevolezza che sia divenuto ormai necessario costruire un campo diverso da quello in cui il berlusconismo ha costretto tutti a giocare. Quello di Silvio Berlusconi è il campo dell’anti-politica, lo stesso che caratterizza Di Pietro, Grillo, ora anche Vendola. E anche il Pd. È un fatto culturale, legato al modo di essere e di sentire, di pensare e di agire, di vivere e di porsi nei confronti degli altri, del prossimo, di se stessi. C’è da compiere una svolta copernicana del sentire comune. Si tratta di una svolta culturale, di mentalità. Perché politica è cultura. E cultura è politica. Credo che la mia idea per una Costituente liberale e democratica potrebbe permettere la costruzione di un campo diverso: quello della Politica, con la P maiuscola. E della Riforma. Ma con reciprocità. Per l’alterità.

© 2010 Europa. Tutti i diritti riservati

SEGUICI
SU
FACEBOOK